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mercoledì 9 dicembre 2015

Noi adulti e il coraggio di vietare

Non c’è nulla che non possa diventare un oggetto contundente. Persino una penna può ferire, un libro può far male.
Bisogna sapere come usarli, e a quale scopo. Figurarsi se non può offendere una chat o una frase su WhatsApp. Numerose ricerche indicano nel cyber bullismo un fenomeno diffuso e pericoloso: provoca depressioni, angosce, pensieri di suicidio.
Ne devono essere consapevoli i tanti genitori che mettono uno smartphone in mano ai figli, infanti o adolescenti. Educazione alle regole e ai limiti è la parola chiave sin dalla culla. Ma quanti adulti, anche nella vita pubblica, danno quotidianamente esempi opposti? Di oltraggio verbale, di eccesso sconsiderato nell’uso delle parole.
Vige l’assurda e astratta idea che la blogsfera sia una specie di far west senza regole in cui tutto, specie se in incognito, è permesso: scherzi trucidi, sfoghi di frustrazioni e di istinti primordiali. Se è così, tutto ciò che serve a riportare al senso della realtà è benvenuto: lo choc diventa inevitabile e salutare. Dunque, non si può che solidarizzare con il preside di Parma, che ha messo in piazza la violenza verbale dei suoi alunni, stufo di quel fasullo mondo parallelo in cui tutto sembra concesso (dall’irresponsabilità dei genitori prima che dell’incoscienza dei ragazzi).
Nella società liquida è difficile essere severi, ma bisognerà pur assumersi il dovere del divieto, per non arrivare a violare la sacrosanta riservatezza dei propri figli. Che significherebbe mandare a monte ogni rapporto di fiducia, cioè tutto.


Articolo di Paolo Di Stefano pubblicato sul Corriere della Sera del 2 dicembre 2015

martedì 22 settembre 2015

Nella "buona scuola" i profughi ridipingono le aule

Probabilmente la “buona scuola” è tale se passa anche da piccoli gesti quotidiani d’accoglienza e solidarietà. Accade a Pesaro: ci troviamo nella primaria Olivieri, dove stamani-proprio com’è accaduto in altri istituti-gli studenti hanno fatto rientro nelle loro aule. Ma quei muri non erano gli stessi che avevano lasciato (e salutato) con l’arrivo dell’estate.

Gli spazi interni della scuola sono stati infatti ritinteggiati. Un’operazione che Ha visto coinvolti non solo genitori e insegnanti, ma anche giovani profughi del mali e del Gambia che,grazie alla cooperativa Gulliver,s’impegnano in attività di volontariato e contribuiscono alla manutenzione del verde e del decoro urbano.

“Un esempio di civismo e capacità di rimboccarsi le maniche”ha commentato il sindaco Matteo Ricci. Ma soddisfatte sono anche l’ex preside Margherita Mariani (“questo è un mix perfetto di volontariato e integrazione”) e la nuova dirigente scolastica Anna Scimone, che in una lettera d’augurio di inizio anno rivolta agli studenti, oltre a citare Madre Teresa di Calcutta,scrive così:”La scuola -come io la penso- è quasi una quarta dimensione dello spirito. Un tempo e uno spazio tenuto insieme dal sociale sforzo di comunicare e dall’impegno morale di educare. Come spazio è un luogo di incontro e di confronto dove ogni persona trova il modo di realizzarsi pienamente come individuo”.
Quello di Pesaro non è un caso isolato. A Varese, ad esempio, i profughi hanno ridipinto l’asilo (recinzioni e parco giochi compresi). Mentre a Budrio, in provincia di Bologna, stanno imbiancando le aule della scuola di musica. E la lista continua.





Articolo di Gianluca Testa pubblicato dal Corriere della Sera del 14 settembre 2015.

Il controllo possibile spetta ai genitori:educare e dare limiti

I genitori hanno tante buone ragioni per essere preoccupati. Si continua a dire che la Rete è un’opportunità, ma non si dice abbastanza che è anche un pericolo, o meglio: che può diventare un pericolo. Circa un ragazzino italiano su quattro tra i 9 e i 10 anni frequenta abitualmente ( e liberamente ) Facebook: solo ( sottolineato solo ) un terzo è estraneo al web.
Parlare di ragazzini è generico, perché in buona parte si tratta di bambini, se l’infanzia dura ancora fino a dieci anni. Va da sé che i genitori non avrebbero di che preoccuparsi se il mondo digitale non fosse, per  sua stessa natura e costituzione ( quasi come ragione stessa del suo esistere ), totalizzante: invasivo e quindi tirannico, specialmente per menti fragili come quelle infantili e preadolescenti.
Certo, i social network sanno che bisogna essere “politicamente corretti”, vietando ( sulla carta ) l’accesso ai minori di 13 anni. Ma è un’ipocrisia o una foglia di fico: in realtà sanno bene che il web è ( anche qui per sua stessa natura ) un’area franca, fuori controllo, in cui i bambini possono mentire, cioè dichiarare un’età che non hanno. L a bugia è ammessa, anzi viene incoraggiata. Bugia veniale? Sì e no, cari genitori. Sì, perché esistono menzogne oggettivamente più gravi. No, perché un territorio anonimo e totalizzante ( e dunque totalitario ) non è un paese per bambini, tant’è vero che il cyberbullismo impazza ( il 9% ) è un tasso altissimo).
L’unico controllo possibile ( o impossibile ) contro questo territorio fuori controllo spetta a papà e mamma: o meglio alla capacità non di punire la menzogna, ma di porre dei limiti, delle regole. Cioè di educare: occuparsene prima di preoccuparsene.


Articolo di Paolo Di Stefano pubblicato dal Corriere della Sera del 16 settembre 2015.

domenica 19 aprile 2015

Alle ragazze della comunità "Tingolo per tutti"

Riccardo
Nel tragitto di ritorno dalla scuola la mia testa era affollata da pensieri tristi.
Non so il perché di tutto ciò, ma continuavo a pensare a quelle ragazze e più la mia mente ci pensava più capivo quanto sono stato fortunato.
Fortunato nell’avere una famiglia che mi vuole bene, nell’avere amici che vogliono solo il mio meglio… ma questa fortuna non tutte le persone possono averla.
Come per esempio Kautar, il cui nome tradotto dall’arabo significa “FIUME IN PARADISO”.
Riguardo al suo nome, Kautar ha fatto un piccolo commento, che mi ha colpito molto, il commento è il seguente: << Io al posto di essere andata in paradiso, sono andata all’inferno>>.
Questa frase mi ha trasmesso certe sensazioni indescrivibili e mi ha fatto riflettere su come certi fattori siano riusciti a stravolgere completamente la vita di questa ragazza.
Uno di questi fattori negativi è la droga, il fattore maligno, una sostanza maligna.
Una sostanza che, secondo i racconti di Kautar, riusciva a riempire gli spazi che la famiglia e gli amici non riuscivano a colmare.
Questa sostanza, che rendeva felice Kautar, nello stesso tempo la rovinava sempre più fino al punto di dire “BASTA”, basta a tutto ciò!

Desirée
Ormai nella nostra società molti dei ragazzi fanno uso di sostanze semplicemente perché vogliono apparire grandi e popolari, però ciò che fanno li fa apparire stupidi e non responsabili.
Il motivo per cui i ragazzi di oggi si uniscono facilmente alle droghe, sigarette o alcol sta nella mancanza di dialogo con i genitori responsabili e ciò, si dovrebbe prevenire per non lasciar morire centinaia di ragazzi dipendenti da queste sostanze.
Il mio consiglio personale per tutti gli adolescenti è:
-Ascoltate i vostri genitori e non abusate della loro bontà che ci concedono; al posto di trascorrere la giornata fumando o iniettandosi droghe nel corpo, è meglio fare sport e stare in forma, così si può mantenere la lucidità per capire il vero significato della nostra vita.
Questa esperienza secondo me è stata molto toccante, forse la più interessante dell’anno scolastico in generale perché ci ha fatto capire quello che potrebbe succedere a noi giovani, e quali sarebbero le conseguenze; avrei voglia di parlare ancora con loro.

Alessio
WOW … semplicemente wow … non me lo aspettavo … ne sono rimasto sbalordito: non immaginavo fosse così impressionante come la droga possa rovinare la vita  delle persone!
Maria Elena, Ilary e  Kautar sono state molto coraggiose a parlare davanti a tutti dei loro problemi: io non l’avrei avuto! Loro invece ne hanno parlato liberamente. La prima ragazza che ha parlato è stata Maria Elena che è quella che mi ha suscitato più  emozioni : non so cosa fosse, ma sentivo un certo legame con la sua storia un po’ struggente. Questa ragazza ha cominciato a frequentare gente più grande di lei che non era molto raccomandabile e quindi è entrata nel cerchio della droga. Ha capito due cose: che quelli che aveva intorno non erano veri amici perché lo facevano solo per soldi e che gli errori fanno crescere. Oltre alla droga faceva litigi con sua madre . poi è stata trasferita fino a Pesaro, in questo istituto di riabilitazione, dove ha incontrato persone con i suoi stessi problemi e da lì, ha capito la gravità di quello che faceva. Mi è piaciuto come l’ha raccontato e mi ha fatto decidere categoricamente di non drogarmi mai.

Sofia
Partiamo col dire che questo incontro è servito per aprire gli occhi e capire i problemi che ci circondano.
La droga è uno di questi. Spesso durante l’adolescenza i ragazzi sono curiosi e tendono a seguire la massa e sprecarsi, spegnersi , per colpa della droga o del fumo.  Molti di essi lo fanno per provare, altri per divertimento e altri solo per mettersi in mostra, senza sapere che essa crea dipendenza. La droga porta piano piano all’isolamento dalla comunità e si rimane chiusi in se stessi, ma i primi sintomi sono i litigi sempre più frequenti con i genitori, frequentazioni di giri di persone più grandi e sbagliate e solo dopo ti accorgi di aver sbagliato e te ne penti.

Sara
A me farebbe piacere scrivere a tutte tre le ragazze, perché ognuna di esse mi ha colpito. Quello che scriverei ad ognuna di loro è questo: che dovrebbero continuare questo percorso, con dignità, senza parlarne con dispiacere o vergogna, perché è una cosa che fa loro onore, siccome non tutti i ragazzi che hanno questi problemi accettano di entrare in comunità, e non riescono a smettere di farsi del male, mentre loro sono riuscite ad accettarlo, a parlarne e forse anche ad aiutare chi le ha aiutate. Io penso che non sempre il fine giustifica i mezzi, perché farsi del male solamente per dimenticare non può avere scuse. Ovviamente non possiamo giudicare perché loro hanno avuto dei motivi validi per fare quello che hanno fatto, però se ci pensiamo bene, per risolvere i problemi ci sono anche altri metodi, come dialogare oppure andare da una psicologa. Però tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare, quindi credo che ormai quello che hanno fatto non si cancella, ma avranno vissuto un’esperienza che le rafforzerà sempre di più.




Post di Riccardo, Desiree, Alessio, Sofia, Sara della classe 3E.

Commento all'incontro con le ragazze della comunità "Tingolo per tutti"

Arianna
La comunità ha cambiato queste ragazze, poco a poco hanno ritrovato se stesse e si sentono più libere di parlare senza il bisogno di chiudersi in se. Si stanno riscoprendo lentamente perché la comunità è un luogo che rieduca, fa crescere e fa vedere i propri limiti.
Questo  è stato in assoluto il mio incontro preferito perché quelle tre ragazze mi hanno fatto capire che bisogna aprirsi con qualcuno, dire quello che provi per togliersi quel dolore  che ti sopprime lentamente.
Io, anche se  può non sembrare, sono un po’ timida e tendo a chiudermi in me stessa.
Le devo ringraziare perché mi hanno fatto capire l’importanza di una famiglia presente e di amici pronti ad aiutarti. Con le loro storie commoventi mi hanno di sicuro aiutata.

Eleonora
La vita in comunità è molto difficile, perché devi convivere con tante ragazze tra cui qualche volta si litiga anche. Non si possono avere contatti con il mondo esterno, cioè non è permessa alcun tipo di tecnologia e bisogna stare continuamente lontano dalla propria famiglia.
Anche se all’inizio la comunità può sembrare una prigione, cambia la vita di molti giovani.

Lucia
Questo incontro mi ha fatto sicuramente capire quanto è importante il ruolo della famiglia nella nostra vita e quanto dobbiamo essere consapevoli noi di quello che facciamo, perché le conseguenze possono essere davvero gravi.





Post di Arianna, Eleonora e Lucia della classe 3 A

venerdì 17 aprile 2015

Incontro con la comunità"Tingolo libera tutti" della cooperativa "L'imprevisto" di Pesaro.

Il giorno 16 marzo  la classe 3 A ha partecipato ad un incontro con la comunità “ Tingolo libera tutti “ della cooperativa “L’imprevisto” di Pesaro. Si sono presentati un operatore, un responsabile e tre ragazze della comunità. Il responsabile, dopo averci presentato le ragazze, ha lasciato loro la parola, così da poterci spiegare personalmente le loro esperienze di vita e i disagi che le hanno spinte a rifugiarsi nel mondo della droga.
La loro giovane età (16, 17, 18 anni), considerato che sono già in fase di recupero, mi ha portato ad una riflessione: sono scappate dalla realtà trovando rifugio nella droga, quando erano poco più che bambine, più o meno la mia attuale età.
Maria  Elena, 18 anni, si è ritrovata ad affrontare una situazione dolorosa in famiglia, soffrendo per la mancanza di affetto di un padre sconosciuto e potendo contare solo sulla presenza della madre, con la quale, per vari motivi, si trovava sempre in contrasto. Liti furibonde erano all’ordine del giorno e la situazione diventava sempre più pesante. Abbandonata la scuola, si trovò coinvolta in situazioni che di lì a poco non riuscì a gestire.
Ilary, 17 anni, ha vissuto un clima familiare spiacevole, assistendo al disaccordo dei genitori, poi sfociato in una separazione. Questa situazione l’ha portata a chiudersi in se stessa , non riscendo ad esternare le proprie ansie. L’allontanamento del padre dalla casa e dalla famiglia è stato il momento cruciale del suo sbandamento. Non rispettava più le regole, dava gravi problemi in famiglia ed ha conosciuto  persone, più grandi di lei, che approfittando della sua fragilità, l’hanno trascinata nella strada sbagliata.
Kautar, il cui nome significa “Fiume in paradiso”, 16 anni, figlia anch’essa di genitori separati, non riusciva a star bene con se stessa in nessuna situazione. Ha creduto di poterlo fare drogandosi e, per i primi tempi era veramente così. Poi si è  resa conto di non aver trovato la serenità, anzi era entrata  in un circolo vizioso. Fare uso di stupefacenti era diventata una routine.
Le storie delle ragazze le hanno portate a conoscere la comunità di cui ora fanno parte e che, nel programma di recupero, si avvale di persone qualificate e presto esse ritroveranno una vita libera.



Post di Sara M. della classe 3 A.

La Capitaneria di Porto-Guardia Costiera

La mia classe ha partecipato ad un incontro con personale della Capitaneria di porto di Pesaro. Un ufficiale e un marinaio ci hanno spiegato in maniera dettagliata il loro lavoro.
Il Corpo delle Capitanerie di porto-Guardia costiera fa parte della Marina Militare ed è composto da 11000 persone, uomini e donne. Il loro compito primario è la salvaguardia della vita umana in mare. Intervengono in caso di naufragio, per il salvataggio delle persone . Multano i pescherecci che fanno pesca illegale e sanzionano le imbarcazioni che violano il codice di navigazione marittima.
In questi anni vediamo spesso, in televisione, il personale della Guardia costiera  soccorrere gli immigrati in difficoltà nel canale di Sicilia.
Un altro compito importante è la tutela dell’ambiente marino.
Per la loro attività dispongono di mezzi navali ed aerei.
Dal primo aprile inizia la stagione balneare e così ci hanno alcuni consigli:
-      Fare il bagno in ore diurne (10,00-18,00).
-      Prima di fare il bagno far passare 3 ore dopo l’ultimo pasto.
-      Mai sottovalutare le condizioni del mare e non sopravvalutare le proprie capacità di nuoto.
-      Se non si sa nuotare bagnarsi in acque poco profonde.
-      Evitare di allontanarsi oltre 300 metri dalla riva.
-      Non tuffarsi se non si sa la profondità.
-      Non lasciare rifiuti o accendere fuochi sulla spiaggia.
Il servizio di salvataggio in spiaggia viene effettuato da persone ben riconoscibili perché indossano una maglietta rossa con scritto salvataggio. Se si è colti da crampi in acqua mettersi in posizione dorsale senza agitarsi e chiedere aiuto.
La bandiera rossa, in spiaggia, indica che la balneazione è pericolosa o non c’è un servizio di salvataggio.
Al termine dell’incontro abbiamo visto il salvataggio di un ragazzo in difficoltà in mare per mezzo di un elicottero della Guardia costiera.
Il numero di emergenza per il soccorso in mare è il  1530.



Post degli alunni della classe 1 A.

sabato 14 marzo 2015

La pace vera può esistere solo se non c'è violenza e se c'è il diritto alla libertà e alla convivenza democratica

Il diritto alla libertà e alla convivenza democratica può essere rispettato solo se non mostriamo indifferenza nei confronti di piccoli e grandi comportamenti illegali. Infatti non solo i magistrati o le forze dell’ordine sono a stretto contatto con l’illegalità e cercano di combatterla, ma anche tutti i cittadini possono cercare di combattere per la cultura dell’illegalità, cioè riconoscere e condannare tutti i comportamenti illeciti considerandoli atti che devono essere puniti perché infrangono la legge, perché diventi più grande e forte dell’illegalità. Le persone spesso si mettono sotto la protezione della criminalità solo perché hanno paura; infatti sono proprio la paura e il silenzioso consenso che rafforza la criminalità, l’illegalità e che invece isolano coloro che combattono per la legalità rendendoli deboli. La mafia è un’associazione criminale e illegale che spaventa molte persone e  cerca di metterle sotto la sua “tutela” minacciandole, per esempio facendo pagare il pizzo, una tassa imposta
dai mafiosi ad alcuni negozianti che ritirano solitamente ogni
mese. Molti “abboccano” e,  per paura che la mafia bruci il loro negozio o la loro fabbrica,  pagano. Noi invece dobbiamo combattere la mafia mettendoci sotto la protezione della legalità anche facendo azioni piccole di vita quotidiana. Frequenti sono i casi di atti mafiosi visti da persone, ma non dichiarati alla polizia , magari per paura, oppure semplicemente
perché sono loro complici. Per esempio ci sono poliziotti o magistrati che vengono corrotti dalla mafia, in modo che cancellino tutte le prove che li possono condannare.
Ormai la mafia si occupa di tutto: spaccia la droga, traffica i materiali radioattivi. Varie indagini hanno rilevato che i casi di decessi per tumore sono aumentati vertiginosamente!
Un altro problema che colpisce l’Italia è l’evasione fiscale cioè non pagare le tasse. Le persone che pensano solo ai propri interessi è naturale che cercheranno di truffare lo Stato per trarne vantaggi. Però  tale comportamento illegale finisce col pesare sui cittadini più bisognosi. Infatti l’evasione fiscale esisterà sempre in un Paese in cui la popolazione non capisce che le tasse sono lo strumento che garantisce il funzionamento sociale.  Per far sì che tutta la popolazione non  sia estranea al concetto di bene comune dallo Stato devono esserci esempi di onestà e di giustizia.
Le persone simbolo della lotta contro l' illegalità sono Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Nel libro intitolato “Per questo mi chiamo Giovanni” si parla di un padre siciliano che racconta a suo figlio Giovanni (chiamato così in onore di Falcone) tutti gli eventi mafiosi che sono stati condannati da Falcone. La mafia aveva in mente atti terribili, per esempio far saltare in aria la torre di Pisa, spargere per le spiagge siringhe con sangue infetto e avvelenare merendine nei supermercati! Ma un magistrato sa che complicando la vita alla mafia la sua vita è in pericolo, ed è il 23 maggio 1992 che Falcone, in macchina con la moglie e un agente della scorta, venne fatto saltare in aria a Capaci.
Dopo pochi mesi Paolo Borsellino si dirige sotto casa della madre e salta in aria, stessa cosa accaduta a Giovanni Falcone.
In Italia sono rimasti molti simboli in onore di Falcone e Borsellino per esempio scuole chiamate con il loro cognome, in ogni tribunale d' Italia c'è una loro foto e l' albero di Falcone, un albero su cui vengono appese foto o lettere spedite. Falcone era solito dire: “ Si muore generalmente perché si è soli o perché si è entrati in un gioco troppo grande. Si muore spesso perché non si dispone delle necessarie alleanze, perché si è privi di sostegno. In Sicilia la mafia colpisce i servitori dello Stato che lo Stato non è riuscito a proteggere”. Questa frase fa capire che Falcone sapeva già che un giorno la mafia lo avrebbe ucciso. Il 21 Marzo di ogni anno LIBERA (un' associazione nata il 25 Marzo 1995 con l' intento di coordinare e sollecitare l' impegno della società civile contro tutte le mafie) celebra la giornata della Memoria e dell' Impegno: ricorda tutte le vittime innocenti delle mafie e rinnova il suo impegno di contrasto alla criminalità
organizzata. Solo se lottiamo tutti, la mafia verrà fermata, ma se continuiamo a far finta di niente, diventeranno più numerosi loro. Basta pensare a Falcone e Borsellino, che ne hanno fatti arrestare centinaia loro due da soli



 Post di Angelo ed Arianna della classe 3 A

martedì 10 marzo 2015

La prevenzione del gioco d’azzardo deve cominciare con la matematica a scuola

Accanto agli interventi terapeutici, la carta vincente sul fronte del gioco d’azzardo potrebbe essere la prevenzione. Secondo Maurizio Fea di FedereSerD, occorre muoversi su tre versanti contemporaneamente: eccessiva offerta di gioco; informazione selettiva per i giocatori e formazione nelle scuole. “Studi condotti in Canada e Australia – spiega Fea – provano che oltre una certa soglia di offerta le patologie crescono in funzione del numero di macchinette. In Italia, l’offerta deve essere calmierata, non può continuare ad avere l’espansione che ha avuto in questi ultimi 10 anni”. E purtroppo, come ribadisce Maurizio Fiasco, sociologo della Consulta Nazionale Antiusura, il decreto legislativo sull'azzardo in arrivo al Consiglio dei Ministri non sembra andare in questa direzione: “La previsione di sostituire le slot machine degli esercizi pubblici con i terminali Vlt farà aumentare la frequenza di gioco, con un tasso di additività superiore”.
Il secondo fronte su cui agire è l’informazione nei confronti dei giocatori, che deve essere mirata e non generica. Un esempio? “I cartelli e messaggi sulla probabilità di vincita e sui rischi del gioco da esporre nelle sale giochi, introdotti dal decreto Balduzzi – dice Fea – hanno fatto triplicare la domanda di aiuto sul nostro sito “giocaresponsabile.it” tra gennaio e marzo del 2013”.
Il terzo livello è l’informazione nelle scuole. “Ai giovani occorre far capire in che modo padroneggiare il problema, insegnando loro i principi della matematica probabilistica –  conclude l’esperto di FeDerSerD –. E’ necessario spiegare quali sono le logiche del  ragionamento che portano a una scelta di azzardo invece che a perseguire un obiettivo realistico con impegno e tenacia”.



Articolo di Ruggiero Corcella tratto dal Corriere Della Sera del 8 marzo 2015.

In particolare ...Auschwitz

Tra tutte le foto presentate nella mostra di Marco Lani ho scelto questa. Marco si soffermato su questa foto facendoci riflettere su quanti ebrei erano passati su questi scalini, da essere così consumati.
Delle trenta foto che ho visto è quella che più mi ha fatto riflettere e “sconvolgere”per tutto quello che gli internati hanno dovuto passare, prima di morire o, se fortunati, prima della liberazione da parte dei russi il 27 gennaio 1945.



Post di Andrea della classe 3 A e foto di Marco Lani.

giovedì 19 febbraio 2015

Giornata della memoria 27 gennaio 1945 - 27 gennaio 2015

Il giorno 28 gennaio ci siamo recati in visita alla mostra fotografica “In particolare…Auschwitz”, organizzata da Marco Lani, un giovane che, l’anno scorso, è andato ad Auschwitz e ha fatto delle foto.
Dalle foto si possono comprendere tante cose, però, dalle sue parole, si capiva che guardandole non avremmo mai la stessa cosa che ha provato Lui andando là, ad Auschwitz, nel vero e proprio campo di concentramento.
Per prima cosa abbiamo visto foto di stanze piene di capelli, scarpe, occhiali… che a prima vista fanno pensare a cose inimmaginabili: tonnellate di capelli di persone innocenti, che poi non erano tutti lì perché molti sono stati venduti. I numeri sono quelli che fanno veramente paura … quando qualcuno ci dice “Giornata della Memoria” ci vengono in mente subito gli ebrei deportati nei campi, ma non pensiamo al numero delle persone: sono circa 6 milioni, un numero che non si può nemmeno immaginare ma che fa la differenza.
Auschwitz è il campo che conosciamo di più, che ci viene più raccontato, ma Birkenau è il vero campo di stermino: era detto Auschwitz 2, ma era grande più del doppio di Auschwitz. Birkenau poteva contenere oltre 100000 persone ed aveva 4 forni crematori. In ogni campo c’era il “Blocco 11”, il cosiddetto “blocco della morte”, perché tutti gli ebrei sapevano che andando lì sarebbero morti.
Una foto che mi è molto piaciuta è quella che si trova all’entrata:” Arbeit macht frei” tradotta “Il lavoro rende liberi”; ovviamente la scritta è in senso ironico perché i nazisti , nei campi, facevano lavorare i detenuti duramente…

Questa scritta simboleggia tutto ciò che noi chiamiamo “Razzismo” e secondo me può essere un simbolo per significare che noi non scorderemo mai tutti gli ebrei sterminati e tutto quello che è accaduto, perché fa parte della nostra storia.
Foto di Marco Lani e post di Lucia classe 3 A

domenica 8 febbraio 2015

Su Facebook a 12 anni e appuntamenti al buio via WhatsApp

Il rapporto tra minori e il web

Iper-connessi o digitalmente esclusi. Eccole qua le due facce dei giovani “nativi digitali”, Una fotografia netta della modernità che secondo Save the Children restituisce due immagini speculari ma opposte. Una ricerca Ipsos indaga i comportamenti dei minori sul web. Così si scopre che il 39% di loro è iscritto a Facebook già a 12 anni. Una percentuale addirittura più alta rispetto ai diciottenni (39%). Solo la metà di loro conosce le regole sulla privacy. Ma per i ragazzi e le ragazze italiane questo non rappresenta un problema.
Il principale strumento di connessione-facile da prevedere- è lo smartphone. Il 35% dei minori si danno appuntamento con persone conosciute solo sul web, mentre il 33% utilizza gruppi di WhatsApp e applicazioni simili di messaggistica. Dall’altra parte, secondo Istat, ci sono 452 mila adolescenti (11,5%) che non hanno mai avuto accesso a internet.   La prima causa di questa esclusione digitale dipende dal livello di povertà delle famiglie. Un dato ancora più preoccupante riguarda quei giovani che oltre a non essersi mai connessi non hanno mai letto un libro nell’ultimo anno (269mila) mentre 187 mila non sono mai andati al cinema.
“I nuovi media rappresentano una grande opportunità per i nostri ragazzi, per laloro crescita personale e formativa. L’accesso a queste tecnologie è un diritto che dovrebbe essere garantito a tutti i ragazzi, così come un’adeguata formazione nell’utilizzo di questi strumenti e la sicurezza di potersi muovere in un ambiente digitale che non nasconda rischi o pericoli” spiega Valerio Neri, direttore generale di Save the Children Italia, associazione che monitorando il rapporto tra minori e nuove tecnologie ha voluto rendere noti i dati in vista del “Safer Internet Day 2015” in programma in tutto il mondo martedì 10 febbraio. Si tratta della dodicesima giornata internazionale , che quest’anno ha come tema la creazione congiunta di un internet migliore:”Let’s create a better internet together”.


Post tratto dall’articolo di Alessandro Barba pubblicato sul Corriere della Sera del 8 febbraio 2015.

A piedi

“Gli uomini camminano sempre meno, sono diventati sgraziati, si muovono curvi sui loro telefonini, hanno il collo storto per l’abuso del computer, le spalle rovinate dall’utilizzo del mouse, lo stomaco contratto dallo stress e la testa piena di segnali e rumori di fondo.
Un indonesiano, o un etiope, cammina in modo più nobile e felpato di noi, e quando porta un bagaglio in equilibrio sul capo mostra un’andatura eretta e sinuosa che noi abbiamo perduto da un secolo.(…) L’uomo che non cammina perde la fantasia, non sogna più e non legge più, diventa piatto e sottomesso, e questo è esattamente ciò che il Potere vuole da lui, per governarlo senza fatica, derubarlo di ciò che Dio gli ha dato gratuitamente, e bombardarlo di cose perfettamente inutili a pagamento. Chi cammina, invece, capisce, parla con gli altri uomini, li aiuta a reagire e a indignarsi contro questa indecorosa rapina che ci sta impoverendo tutti quanti.
Il semplice fatto di mettere un piede davanti all’altro con eleganza, di questi tempi, è un atto rivoluzionario, una dichiarazione di guerra contro la civiltà maledetta dello spreco”.


Palo Rumiz, A piedi, Feltrinelli Kids, 2012.