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lunedì 24 dicembre 2012

Auguri


Il 2013 va affrontato con l’entusiasmo di un bambino perché entusiasmo e creatività possono far superare qualsiasi ostacolo.
I BAMBINI IMPARANO CIO’ CHE VIVONO
Se un bambino vive criticato impara a condannare.
Se un bambino vive nell’ostilità impara ad aggredire.
Se un bambino vive deriso impara ad essere timido.
Se un bambino vive nella vergogna impara a sentirsi colpevole.
Se un bambino vive nella tolleranza impara ad essere paziente.
Se un bambino vive nell’incoraggiamento impara ad aver fiducia.
Se un bambino vive nell’approvazione impara ad apprezzare.
Se un bambino vive nella lealtà impara la giustizia.
Se un bambino vive nella sicurezza impara ad avere fiducia in se stesso e in coloro che lo circondano.
Se un bambino vive nell’accettazione e nell’amicizia impara a trovare l’amore nel mondo.

Gli auguri di Buon Natale e Felice Anno sono stati presentati dalla Signora Loredana e dalla figlia Giorgia,alunna della classe 1 A.

lunedì 3 dicembre 2012

Importanza della scuola


Quando mi svegliavo tardi, e tremavo tutto per non far tardi a scuola, mia madre mi diceva:”Nun fa nient, Rafè,statte a casa”. E a furia di far tardi ho perso un anno. Infatti c’è una legge statale che chi fa troppe assenze viene bocciato. Gli anni dopo, però, andavo sempre puntuale, perché venne in casa l’assistente sociale, e disse a mia madre che se non mi pigliavo la licenza elementare, non potevo fare neppure lo scupatore.
La scuola è importantissima, anche se è noiosa, si imparano molte materie importanti, ma la più importante di tutte è la matematica, perché quando vai al mercato non parli di Garibaldi ma di denaro.

Dalla scuola non ho ricavato niente di buono, dal doposcuola sì. Infatti don Merola e i professori si mettono vicino e ti aiutano a fare i compiti, invece la maestra della scuola stava sempre a parlare con le amiche, e non ti cacava*. W DON MEROLA! W LA FONDAZIONE!

* Prestava attenzione.



Brani tratti dal libro di Marcello D’Orta e don Luigi Merola”’A VOCE D’’E CREATURE”-La camorra nei temi dei bambini di Napoli- Mondadori.

sabato 1 dicembre 2012

Più impegno contro l'analfabetismo, l'istruzione non è solo per gli umanisti


Una ricerca, The Learning Curve, realizzata dalla Pearson, certifica quanto siamo caduti in basso sul piano dell’istruzione. Nella classifica dei 50 Paesi considerati, in cima alla quale si collocano Finlandia e Corea del Sud, l’Italia è al ventiquattresimo posto. C’è da meravigliarsi? Non troppo, se è vero che l’analfabetismo funzionale registra da noi percentuali altissime (fino al 70 per cento), come da tempo segnalano, inascoltati, gli esperti: non sappiamo leggere né scrivere se non testi elementari. Il rapporto di Pearson non meraviglia, si diceva. Rappresenta però un nuovo allarme sociale che dovrebbe sollecitare con urgenza la sensibilità politica. Invece, in Italia, la richiesta di sensibilità e di supporto (non solo morale ma anche economico) all’istruzione viene declassata a ingenuo desiderio di anime belle o di umanisti al di fuori del mondo che ignorano le (ben altre) vere urgenze economiche.
La ricerca invita, tra l’altro, a considerare come fattore cruciale l’importanza che la società attribuisce alla scuola e agli insegnanti. Se è così, lo sconforto si potrebbe anche rovesciare in meraviglia al positivo: per un Paese come il nostro, che ha nel suo tessuto profondo un’opinione poco più che dispregiativa della classe docente, reggere al ventiquattresimo posto può persino apparire come in mezzo miracolo.
Mi diceva un’insegnante universitaria di Catania che quando un suo studente, qualche giorno fa, l’ha vista salire su una vecchia Seicento, si è rivolto a lei con una sorta di monito pieno di ironia: “Vede a cosa serve studiare?”. Il fatto è che molti italiani ( i giovani devono averlo appreso dai genitori) ritengono utile alla vita solo ciò che produce ricchezza hic et nunc. Dunque: se i professori sono così scalcinati, a che serve saper leggere, scrivere, far di conto? In questa prospettiva, una delle affermazioni in sé più banali del report di Pearson: “I bravi insegnanti meritano rispetto”, suona addirittura come uno slogan rivoluzionario. E siccome, a differenza di quel che si crede, l’insegnamento non è necessariamente una missione ( se non in uno stato di emergenza culturale ), è urgente che ai bravi docenti italiani venga riconosciuto il ruolo che i loro colleghi hanno in Finlandia e in Corea. Con i diritti e i doveri del caso.

Paolo Di Stefano
Articolo tratto dal Corriere della Sera del 27 novembre 2012.