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giovedì 17 novembre 2011

Ciascuno abbia cura della libertà dell'altro

Dalla relazione di don Luigi Ciotti all’Università di Urbino, il 3 novembre 2011, in occasione della consegna del premio “Valerio Volpini” da parte del settimanale diocesano “Il Nuovo Amico” nell’ambito del convegno su “Giustizia sociale e legalità”.

L’educazione dei sacerdoti, come sottolineato nell’intervento di mons. Tani, avviene anche attraverso la testimonianza. Fra tutti quelli che hanno dimostrato, nel corso della loro vita, l’incontro vero con Cristo, vi è don Luigi Ciotti.
Cresciuto in una famiglia di umili origini, fonda nel 1966 il Gruppo Abele, un’associazione che si occupa di gravi situazioni di emarginazione sociale. Nel 1972 venne ordinato sacerdote dal cardinale di Torino Michele Pellegrino, “ il quale-ha raccontato don Ciotti- mi disse che la mia parrocchia sarebbe stata la strada. Oggi quando incontro la gente e penso al Gruppo Abele o all’associazione Libera, utilizzo sempre il noi, perché altro non siamo che una grande trasversalità di persone che si impegnano per il riconoscimento dei diritti, per la pace, per trovare l’unità tra le persone e per essere al servizio degli altri”. Poi don Ciotti ha affrontato il tema dell’impoverimento sociale. “La crisi-ha detto-prima di essere economica, è anzitutto etica e politica. Possiamo parlare di un coma etico della moralità pubblica con una corruzione della speranza che è ingiusta”.
Poi l’accento sul dramma dell’impoverimento culturale. Don Ciotti si è complimentato quindi con la scelta del titolo del convegno perché, ha detto prima viene la giustizia e poi la legalità.”Per parlare di giustizia, si deve tenere conto anzitutto della libertà, massima espressione della dignità umana, della democrazia e soprattutto bisogna recuperare la nozione di responsabilità. L’impegno che ci è chiesto-ha proseguito don Ciotti- necessita di una certa corresponsabilità, per la quale ciascuno di noi, con i propri limiti, si mette in gioco senza dare nulla di scontato”. La legalità non è neppure un valore ma un’esigenza fondamentale della vita sociale, essenziale per promuovere il pieno sviluppo della persona umana e del bene comune. Richiamandosi al documento “Educare alla legalità” ha affermato che il fondamento della legalità è proprio nella giustizia sociale, nell’uguaglianza sostanziale di cui parla l’art.3 della Costituzione. A questo concetto si collega l’etica, che è la ricerca di ciò che ci rende autentici. “Senza diritti-ha concluso don Ciotti-lo sviluppo economico non sarà mai progresso sociale. Siamo tutti uguali come cittadini, ma diversi in quanto persone e la vera scommessa per il futuro è dimostrare che è possibile, nel rispetto delle regole, costruire una nuova realtà che sia per tutti. Perché vivere per gli altri è la più alta forma di libertà”.

Eleonora Gregori Ferri ex alunna dell’Istituto “A.Olivieri”

Articolo tratto dal settimanale diocesano di Pesaro, Fano e Urbino “Il Nuovo Amico”.
Nella nostra Provincia l’associazione Libera di Don Luigi Ciotti parteciperà al progetto di recupero di un  podere confiscato alla ‘ndrangheta in località Isola del Piano(PU).

mercoledì 16 novembre 2011

Ci mancherai magico Sic!

Marco Simoncelli poco tempo fa è venuto a mancare; inutile nascondere la tristezza, la “rabbia” da parte di tutti i piloti e soprattutto della famiglia che , con estrema forza, invece di cercare aiuto in altre persone, lo dava!!!
Sicuramente per tutti i piloti è chiaro il rischio del proprio lavoro, anche per i familiari, che più di tutti sono pronti al peggio, ma questo non è giustificazione per non poter piangere una persona!
E’ buffo, anche quando succedono cose così gravi le persone sono pronte a fare dibattiti: “…ma Lui lo sapeva cosa faceva…”. Io penso che tutti siano pronti a giudicare e nessuno a pensare di poter essere un familiare o un amico stretto di tale persona!
Qualche giorno prima della morte di Simoncelli è scomparso l’inventore del pace-maker. Parlando con un signore ho sentito dire che la morte di questa persona non era stata “pianta” su face book. Io gli avrei voluto dire che è stato solo perché i ragazzi non lo conoscevano. Io mi sono chiesto: come si fa a non stare zitti e riflettere sull’importanza del dono che il Signore ci ha fatto?

Post di Nicholas della classe 3 A.




Dijiro Kato e Marco Simoncelli tra le curve del Paradiso.

mercoledì 9 novembre 2011

"Ciao Sic"

Io ho conosciuto soltanto per una volta Marco Simoncelli.Quella sera al ristorante si stava svolgendo la cena di classe e Lui era proprio lì, al tavolo accanto.
Mi è bastato quell’episodio per capire la sua semplicità, la sua bellezza, la sua spontaneità nel fare le cose. Lui, dopo Valentino Rossi, era il mio pilota preferito: di Lui mi piaceva la compostezza nello stare sulla moto, quel suo modo di guidare”sfrenato”.Diceva sempre le cose come stavano, non aveva paura. Lui era diverso, com’è stato diverso da tutte le altre volte fare un minuto di “casino” anziché di silenzio. L’unica cosa che possiamo ricordare felice nella sua morte è proprio il modo in cui è morto. E’ morto come gli piaceva fare, in sella alla sua moto….


“Ciao Sic”


Post di Tommaso della classe 3 A.

Per Marco

A dire la verità non conoscevo molto bene Marco Simoncelli, sapevo solo che era un motociclista molto bravo e spiritoso; purtroppo gli è capitato un brutto incidente sulla pista di Sepang dove non è riuscito a cavarsela.
Due anni fa, con la mia classe decidemmo di organizzare la cena di fine anno in un ristorante del lungomare, dove per caso arrivarono Marco Simoncelli e i suoi amici. I miei compagni andarono subito a farsi fare l’autografo, solo io, perché mi vergognavo, me lo feci fare da un mio amico.
Alla fine della cena Marco Simoncelli si alzò e mentre usciva, si femò davanti a me e mi chiese perché non ero andato anch’io a chiedergli l’autografo.
Io rimasi impietrito per un attimo e poi gli risposi che mi vergognavo. Lui stava per dirmi qualcosa ma i suoi amici lo chiamarono e andò via.
Da allora ho seguito molto attentamente il campionato del mondo della MOTO GP.



Post di Nicolò della classe 3 A.

martedì 8 novembre 2011

"Dolci" bevande. Ecco i rischi per i più giovani.

Per un nutrizionista è naturale celebrare con entusiasmo le spremute di frutta o allertare sugli effetti della caffeina. I problemi educativi iniziano quando si deve censurare il consumo eccessivo delle bevande dolcificate o peggio, molto peggio, quando si deve affrontare lo spinoso problema degli alcolici e la mancanza di cautela di chi si accosta alle bevande, sia pure a bassa gradazione alcolica, senza conoscerne la potenziale pericolosità.
Ciò che mi preme ribadire è la convinzione di molti nutrizionisti e dei pediatri che le bevande troppo dolci incidano negativamente sull’obesità giovanile. Tant’è vero che in diversi Paesi europei sono stati vietati e rimossi dalle scuole i distributori automatici di bevande arricchite di zuccheri e dolcificanti sintetici anche non calorici.
La preoccupazione deriva dal fatto che l’abuso di queste bevande finisce per deviare il gradimento dei ragazzi verso il gusto dolce con le conseguenti scelte su cibi e bevande. Un po’ come capita in certe famiglie dove si eccede abitualmente con il sale ed i ragazzi adottano la cattiva abitudine di risalare prima ancora di assaggiarli.
Ai genitori va segnalato, inoltre, che si stanno diffondendo sempre di più gli Energy drink e gli sport drink; bevande non del tutto innocue se assunte smodatamente ma apprezzate dai giovani. Ancora più grave, per l’apparente innocenza del connubio, è la presenza di quantità sia pure modeste di alcol nelle bevande a base di frutta. E’ un modo subdolo e pericoloso di avvicinare all’alcol i giovani e di preparare nuovi clienti per le bevande da sballo nelle discoteche.
Una nota sulla birra: bevanda, piacevole e dissetante, ma purtroppo inadatta ai giovanissimi per i quali può rappresentare un’iniziazione all’alcol. E’ vero che le birre più diffuse in Italia hanno, in genere, meno della metà dell’alcol di un’analoga quantità di vino ma è verosimile che nessun genitore consenta a un ragazzino di 12-13 anni un bicchiere di vino ( circa125ml) mentre potrebbe sottovalutare il fatto che le lattine di birra in commercio (circa330ml) contengono altrettanto alcol.


Eugenio del Toma presidente onorario dell’Associazione italiana di dietetica e nutrizione clinica.
L’articolo,leggermente ridotto, è tratto dalla rivista Consumatori- con, edito da Coop adriatica, edizione Marche Abruzzo n°8 ottobre 2011 ed è stato proposto da Tommaso della classe 3°.

"Spiare" il Diario dei Figli Inutile, ne fanno uno apposta per Voi

Per i genitori degli adolescenti “digitalizzati”, i social network rappresentano uno spauracchio: come impedire ai ragazzi di raccontare troppe cose di sé, esponendosi a rischi di ogni tipo: dalla predazione sessuale (la più temuta, ancorchè la meno probabile) alla più concreta possibilità che le “confidenze” di oggi vengano pagate domani con una mancata assunzione, o peggio, al cyberbulling (le persecuzioni da parte del “branco virtuale” dei coetanei che, nel caso dei soggetti più fragili, possono provocare seri danni)? Escluso il “proibizionismo”-vietare l’uso dei social media è controproducente, oltre che praticamente impossibile-, molti si orientano verso il tallonamento: l’apprensivo papà (o mamma) entra a sua volta in Facebook per “spiare”il profilo del proprio virgulto, talvolta azzardandosi a chiederne l’amicizia (che il disgraziato difficilmente può rifiutare).
Tutto sotto controllo? Illusione: il Guardian ha pubblicato i risultati di una ricerca condotta dalla società Family Kids and Youth, secondo cui una significativa percentuale di giovani utenti del social network attiva due o anche tre account differenti: il primo , quello “ufficiale”, serve a gettare fumo negli occhi dei familiari, gli altri, che sfruttano false identità, vengono usati per parlare liberamente della cose “serie” (sesso,imprese trasgressive,sfottò nei confronti dei professori e insulti ai nemici di turno).Sociologi e psicologi della Rete hanno da tempo messo in luce la grande mutazione dei comportamenti giovanili: dai vecchi diari, accuratamente sottratti agli sguardi indiscreti, allo sfrenato esibizionismo del web. Una tendenza, si dice, che è il prodotto della difficoltà  di definire la propria identità in quest’era di incertezze: in assenza di punti saldi, si cerca dagli altri la conferma della propria esistenza e una risposta alla domanda “chi sono?”. Giusto, ma una cosa non è cambiata: usciti dall’infanzia queste domande non si rivolgono più ai genitori, bensì all comunità dei pari. Ecco perché inseguire i ragazzini nelle loro scorribande online serve a poco, tanto riusciranno sempre a scappare.

Articolo di Carlo Formenti dal Corriere della Sera del 6 ottobre 2011.