Post più popolari

mercoledì 28 novembre 2012

Se rinasco faccio il fabbro


Sostituire una serratura o una finestra è molto caro. Su Twitter c’è chi scrive. Se rinasco faccio il fabbro o il falegname. Qualcuno su Twitter racconta sconsolato: la sostituzione del vetro di una porta di casa mi è costata duecentocinquanta euro Iva esclusa. Se rinasco faccio il vetraio. Qualcun altro annuisce, si aggrega e dà man forte: sostituire la serratura, forzata dai ladri, mi è costato cinquecento euro. Se rinasco faccio il fabbro. Altri seguono a ruota, portando ognuno la propria esperienza e la propria opzione di rinascita. Un unico lamento: spendiamo tanto, troppo, per rimpiazzare le cose che si rompono. E le cose si rompono continuamente.
Diversamente da altri campi del commercio, qui il consumatore è svantaggiato. Il mercato non è dalla sua parte. Non esiste low cost. Il prezzo non è sempre giusto e comunque lo fanno  le aziende che forniscono il servizio. Sembrano dire ( e talvolta lo dicono): se ti sta bene è così, sennò ti arrangi.
Viene allora da chiedersi perché i ragazzi, al momento di scegliere il loro futuro non prendano in considerazione anche i mestieri artigiani, visto che possono rendere bene. Vetrai, fabbri, antennisti, falegnami ,idraulici, ma anche, stendendo, cuochi e giardinieri. Orafi e pellettieri. Uno dei più importanti marchi del lusso, tempo fa, proponeva come testimonial, al posto delle star, l’elite artigiana che realizza a mano i suoi prodotti.
Oggi molte aziende importanti del Made in Italy, in tutti i settori, faticano a trovare il personale specializzato di cui hanno bisogno. Forse , oltre a un rilancio delle scuole d’arti e mestieri, servirebbe anche una campagna d’immagine per ridare valore, agli occhi dei giovani, alle attività che richiedono mani d’oro. E, come sempre molto cervello.
Anche la televisione potrebbe contribuire, con la forza narrativa della fiction. Fino ad oggi hanno spopolato i poliziotti, i giudici, i sacerdoti, i medici, i professori, i giornalisti. Perché non immaginare storie che abbiano come protagonista un vetraio, un fabbro, un idraulico?

Dall’articolo di Edoardo Segantini  pubblicato dal Corriere della Sera del 16 luglio 2012.

sabato 24 novembre 2012

Multiculturalismo 2


Gli studiosi definiscono la nostra società muticulturale perché composta da persone “formate” da culture diverse. L’Italia è un Paese molto ricco per i tanti immigrati che vengono da altri Paesi e che ci parlano della loro lingua e della loro religione. Noi non li obblighiamo a convertirsi al Cristianesimo rispettiamo i loro costumi e sono liberi di vestirsi come vogliono.
Io e i miei fratelli siamo nati a Pesaro, però la mia famiglia è di origine araba e quindi io conosco sia la cultura italiana, sia quella araba.
In Italia sono molto importanti le opere d’arte, ma la cosa che mi piace di più è la cucina. I piatti più buoni sono la pizza,le lasagne, la pasta e i cannelloni. Nella cucina araba i piatti più buoni sono: il cuscus, il taggin e il leddes.
I vestiti arabi sono più belli perché hanno molti colori vivaci.
La mia classe è multietnica, ci sono ragazzi russi, tunisini ed italiani. Ognuno ha la sua carnagione scura ,rosa. Questo non vuol dire che siamo diversi. Siamo tutti della stessa razza che è quella umana. A Pesaro, per fortuna, non ci sono molti razzisti. Loro si credono superiori a quelli che sono scuri di pelle, ma questo modo di pensare è da persone “limitate”.
Mi ricordo che due anni fa , sulla spiaggia , abbiamo incontrato un “vu’ cumpra’” che cercava di vendere la sua merce. Lo abbiamo visto andare da un signore per proporgli di provare un gioco. Il signore gli ha dato una spinta e gli ha detto:”Levati dai…, marocchino di …”.In quel momento me ne sono andato.

Post di Amin della classe 2 A.


martedì 20 novembre 2012

Multiculturalismo


Nella mia vita ho avuto una personale esperienza di multiculturalità. Nel 2007 mi sono trasferita dalla mia città natale, Mosca , qui in Italia, a Pesaro. La settimana seguente al mio arrivo, sono andata a scuola; i primi mesi sono stati i più difficili, non riuscivo a capire niente di quello che mi dicevano, parlavo a gesti e per la maggior parte del tempo piangevo.
Per fortuna ho avuto delle brave insegnanti e dei buonissimi compagni di classe, con cui ancora oggi sono in buon rapporto. Piano piano ho imparato a parlare l’italiano, mentre ancora oggi i miei amici cercano di imparare qualche parola di russo.
Con questo intendo dire che ognuno di noi può imparare molto da un altro un po’ “diverso”. Secondo me, dopo tutto, gli emigranti sono come noi, hanno soltanto piccole differenze, magari di religione, cultura, abitudini oppure differenze fisiche.
Personalmente penso che il multiculturalismo sia positivo. Si possono imparare molte cose belle e interessanti, però dovrebbe essere meno ostacolato da pregiudizi, prese in giro ed esclusioni. Sulla Terra siamo tutti uguali e le piccole differenze sono il bello di ognuno di noi: perciò il razzismo non dovrebbe esistere nemmeno!


Post di Nikol della classe 2 A

martedì 13 novembre 2012

Alziamo la...media


Mercoledì 31 ottobre, noi alunni delle classi 3° e 3D abbiamo incontrato due assistenti del dott.Drago, Chiara e Alessandra che ci hanno spiegato come prevenire le dipendenze. Abbiamo fatto una serie di giochi:
I giochi dei sentimenti:
LA RUOTA DELL’EMOZIONE. Due ragazzi, dopo aver fermato una ruota con tanti colori dovevano prendere una busta con il colore scelto prima, e dovevano indovinare di cosa si trattava nel minor tempo possibile.
L’ALFABETO. Consiste nello scegliere una lettera, elencare i sentimenti che iniziano con quella lettera e poi confrontarli con quelli inseriti nel computer.
L’INCONTRARIO. Si tratta di cercare più sentimenti possibili, antagonisti a quello scelto inizialmente.
I giochi del divertimento:
INDOVINA CHI E’. Uno di noi sceglie due compagni, che poi devono essere identificati attraverso varie domande a cui si può rispondere solo con : “Sì, no, non lo so”.In questo gioco mi sono sentito particolarmente coinvolto, dato che il mio amico Zaccaria aveva scelto proprio me e io mi sono riconosciuto!
L’ANAGRAMMA. Consiste nel cambiare le lettere di una parola e formarne un’altra.
IL GIOCO DEL RICONOSCERSI. Due ragazzi, bendati, toccando il viso di un loro compagno lo dovevano riconoscere.
I giochi delle dipendenze:
IL MIO STILE. Ogni classe aveva una persona disegnata al computer e doveva scegliere uno stile tra il country, il punk,l’hippie e l’hip-hop. Noi abbiamo scelto l’hippie e abbiamo rivestito un manichino con gli abiti di questo stile.
QUANTE DIPENDENZE. Attraverso alcune espressioni (Es. “Una rete di amici”…) si individua la dipendenza. Nella parte finale dell’incontro abbiamo visto tre spot pubblicitari ingannevoli sulla birra. Le bevande alcoliche vengono rappresentate come strumenti per stare bene con gli altri. Più alcol consumi,più i tuoi sogni si realizzano!!!
Con messaggi belli ed efficaci, con immagini colorate, tutto sembra bello!
Ma attenzione: dietro quelli spesso si nascondono rischi da cui stare lontani!Non dobbiamo mai smettere di pensare, di essere critici, di riflettere per non farci ingannare.



RAGAZZI,OCCHI E ORECCHI BEN APERTI!

Post di Lorenzo T. della classe 3 A.

sabato 10 novembre 2012

Dipendenze


Mercoledì 31 ottobre 2012 noi alunni della 3° insieme agli alunni della 3D abbiamo assistito all’incontro “Alziamo la media” tenuto da due assistenti del Dott. Roberto Drago, Chiara e Alessandra.
Le due assistenti fanno parte del Dipartimento delle Dipendenze Patologiche di Pesaro, un centro che si occupa della cura e prevenzione delle dipendenze da alcool,fumo, droga,ecc.
Dopo le presentazioni ci hanno fatto fare un breve test anonimo per capire le nostre conoscenze, poi ci hanno iniziato a spiegare,con una serie di giochi,quant’è importante esprimere le proprie emozioni agli altri e com’è bello stare insieme piuttosto che davanti al computer o a un videogioco, perché se una persona è preoccupata per qualcosa e non ne parla con nessuno, inizia a bere,a fumare o a drogarsi.
L’incontro per me è stato molto utile perché ho scoperto che non esistono solo le dipendenze da alcool,fumo,droga o da videogiochi e computer, ma anche le dipendenze dallo shopping, dai farmaci e dal gioco d’azzardo.
In generale si tratta di dipendenza quando non riesci a fare a meno di una cosa e se non la fai stai male.
Negli ultimi anni sempre più giovani stanno iniziando a fumare, a bere o a drogarsi, a volte solo per sembrare dei “finti adulti”, per apparire grandi agli occhi degli amici.
Per questo motivo a me sembra opportuno far conoscere a noi ragazzi quali sono le conseguenze, perché se una persona sa che una determinata cosa le fa male sia sull’aspetto fisico (perché causano malattie, come tumori),e psicologico (il fatto di volerne ancora,senza riuscire a smettere) la evita.
A volte, però,le pubblicità,soprattutto quelle degli alcolici, ci fanno capire che se hai un problema, bevi e il problema scompare, portando così le persone a bere e a ubriacarsi continuamente,diventando così una vera e propria dipendenza.
L’alcool infatti, come la droga crea delle allucinazioni che ti fanno vedere il mondo sotto un altro aspetto,ma quando l’effetto svanisce tutto torna come prima,spinge doti a rifarlo per riprovare le stesse sensazioni.
L’incontro è stato molto interessante,non mi ero mai fermata a pensare quanto fosse esteso il problema della dipendenze,soprattutto tra i giovani.


Post di Amanda della classe 3 A.

lunedì 17 settembre 2012

Contro la violenza del drink facile educare alla civiltà del bere.


Drink venduti sottocosto che fanno stordire i ragazzi. Riempiti di prodotti di cattiva qualità. Drink cha si bevono a mezze dozzine, perché costano un euro e mezzo l’uno. Come è accaduto a Mestre, dove un gruppo di ragazzi resi poco lucidi da grandi quantità di spritz low cost hanno aggredito il fratello del maestro Sinopoli, fino a farlo finire in coma. Lui stava solo cercando di raggiungere la sua casa, di farsi largo con l’auto tra il gruppo di clienti di uno dei bar della movida della terraferma veneziana.
L’aggressione di Sinopoli, una famiglia già segnata dal tragico destino del direttore d’orchestra morto sul palco a Berlino nel 2001, ha convinto il Comune a intervenire. Il sindaco Orsoni e il suo vice Simionato hanno avviato una campagna contro i drink low cost, chiedendo ai locali di rispettare una serie di regole. Ci sarà il bollino blu per i bar che allestiranno spazi per la “decompressione” dei clienti che hanno bevuto troppo, che garantiranno servizio di trasporto, postazione di primo soccorso e altro ancora per evitare che il rito dell’aperitivo si trasformi in un incubatore di sballo e di comportamenti aggressivi. I baristi che sgarrano rischieranno la sospensione o la revoca della licenza.
Misure sacrosante, ma che dovrebbero essere accompagnate da una sorta di educazione civica, una svolta culturale sul modo di bere di cui si sente il bisogno non solo in Veneto per quanto riguarda il rapporto tra alcool e giovani generazioni.
Bisognerebbe insegnare ai ragazzi, iniziando dalle scuole, quali siano i danni di bevute senza limiti, senza attenzione a quello che si butta giù, con il solo scopo di perdere la lucidità.
Insegnare la differenza tra un drink spacca-cervello e un buon bicchiere di vino, dietro al quale c’è la storia di chi lo fa.
Come fece il padre del critico Luigi Veronelli quando diede al figlio ragazzino il primo bicchiere. Lo raccontò Veronelli stesso. “Mi fermò mentre stavo portando il bicchiere alla bocca, mi disse che prima dovevo guardare il colore unico, sentire il profumo altrettanto irrepetibile, e poi pensare che dentro c’era la fatica di un contadino”.
Ecco, spiegato così forse l’aperitivo non sarebbe solo un liquido da tracannare.

Post tratto dall’articolo di Luciano Ferrero pubblicato dal Corriere della Sera del 11 settembre 2012.

martedì 4 settembre 2012

Finiti la strada e l'oratorio, questo è il problema


In Italia  o ci si iscrive a una scuola di calcio o non si gioca e già ai bambini di 8 anni viene chiesto di uniformarsi.
Il problema del nostro calcio giovanile non è che i migliori vanno all’estero. Magari ne andassero cento, avremmo cento possibilità in più di costruire un buon calcio. Né che si fa tardi farli debuttare. Una buona squadra non si vede in base all’età, ma al rendimento dei giocatori. E un 27enne gioca quasi sempre meglio di un 20ene.
Il problema dei nostri giovani è che li imbalsamiamo fin da bambini perché sono diventati il vero affare del calcio. Lo scandalo è che un bambino, in Italia, per giocare a pallone, può soltanto pagare. O va in una scuola calcio o non gioca. Centinaia di migliaia di ragazzi militarizzati, spesso sovrappeso, in tute e magliette autofinanziate, condannati a giocare secondo i comandamenti dei grandi. Finita la strada, l’oratorio, finito l’estro individuale, finita la coscienza critica, la selezione naturale, finita la libertà di correre dietro un pallone perché a otto anni c’è già chi ti chiede, t’impone, di uniformarti.
Il problema del calcio dei giovani in Italia è questa melassa con cui si dà in pasto ai genitori l’illusione che i loro figli possano essere campioni semplicemente perché (pagando) giocano.
E la terribile forza, insopportabile, con cui i genitori vi si dedicano, convinti che il calcio non sia il divertimento del bambino oggi, ma il loro prossimo mestiere.
Cosa resta della qualità individuale in questo mondo dove si paga per giocare tutti gli stessi minuti, straordinario socialismo del niente, e dove alla fine non vince nessuno perché l’agonismo non è etico? Il calcio italiano non pensa ai giovani, non ne ha il tempo. Sono incidenti di percorso, distrazioni, tornino quando saranno grandi. Il calcio ha un sacco di altri problemi. Nel frattempo paghino.


Post tratto dall’articolo di MARIO SCONCERTI pubblicato dal Corriere Della Sera del 9 luglio 2012.