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sabato 28 maggio 2011

La scelta della scuola superiore

LA SCELTA DELLA SCUOLA PER I FIGLI E I PREGIUDIZI RADICATI IN FAMIGLIA.

Una famiglia che deve iscrivere un figlio alle superori ha due problemi. Primo problema: scegliere la tipologia della futura scuola fra Liceo, Istituto Tecnico o Istituto Professionale. Secondo problema: quale indirizzo preferire. I professori della medie, alla conclusione del ciclo, danno un consiglio più che un’indicazione precisa. Segnalano se per un adolescente sia meglio puntare a un diploma professionale per cercare di entrare al più presto nel mondo del lavoro o invece affrontare più in là gli studi universitari. Segnalano la maggiore o minore apertura degli studenti per gli studi umanistici o scientifici. La scelta dipenderà dunque di fatto, dalle possibilità economiche o dalle tradizioni culturali della famiglia. In questa fase la scuola ha poche responsabilità: nessuno può in realtà sapere quali siano interessi e vocazioni autentiche di un giovanissimo e tanto meno i possibili sviluppi della sua mente. Sta di fatto che – secondo uno studio di Almalaurea – il 42% degli studenti, una volta ottenuta la maturità, pensano di aver sbagliato strada. Per non parlare poi della piaga degli abbandoni. Secondo il rapporto Istat, nel 2010 un giovane su cinque ha lasciato gli studi per andare a ingrossare le schiere dei precari. Non credo che la scuola possa aiutare i giovani a fare una scelta giusta, neanche con i test e con i colloqui di accesso organizzati dalle superiori: per ognuno ci possono essere nel giro di un anno cambiamenti mentali radicali.


Pesa dunque molto di più la scelta dei genitori: i quali paiono orientarsi sempre più verso i Licei (+3,0%) o più moderatamente gli Istituti Tecnici (+0,4%) , mentre snobbano vistosamente gli Istituti Professionali (-3,4%) che più degli altri dovrebbero , almeno sulla carta, dare opportunità concrete di lavoro, se fossero seguiti i corsi più legati alle esigenze del territorio.
Prevalgono pregiudizi ben radicati nelle famiglie, preoccupate in prevalenza che i figli mantengano uno stato sociale o tendano a migliorarlo, più che badare ai contenuti di un percorso educativo appropriato.

Giorgio De Rienzo

Articolo tratto dal CORRIERE DELLA SERA del 25 maggio 2011, pagina 42.

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