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lunedì 21 gennaio 2013

Allarme-pensiero:"Con l'iPad studenti acritici"


Se ci fosse un’immagine per descrivere le nuove generazioni bulimiche d’informazioni sarebbe quella della tentacolare dea Kalì, la consorte di Shiva della religione induista, capace, con le sue quattro braccia, di generare forze ambivalenti o addirittura contraddittorie. In una mano tengono lo smartphone, nell’altra impugnano il telecomando, davanti agli occhi hanno un computer, sullo sfondo corrono le immagini in tv.
Twittano mentre bevono il caffè e sfogliano riviste mentre ascoltano musica, in una  costante attenzione parziale che rischia di trasformare la realtà in un insieme confuso di frammenti, difficili da ricordare e, soprattutto di rielaborare.
E’ l’”allarme pensiero” lanciato da un gruppo di 40 professori italiani, appartenenti al network Athena della fondazione Pubblicità progresso, spaventati dal rapido mutamento delle capacità di analisi e di apprendimento riscontrate nei propri studenti.
Un “regresso “ imputabile all’uso sfrenato dei nuovi strumenti che,proprio come la dea Kalì, hanno duplice natura: di liberazione da una parte (la tecnologia che offre nuove opportunità) ma anche di efferata violenza (il rischio di “addormentare le capacità di ragionamento e memoria”).
I rimedi
Più riassunti alle elementari
Reintrodurre il riassunto nella scuola primaria per abituare all’analisi e alla rielaborazione dei testi.
Rilanciare il greco e il latino
Riprendere con maggiore impulso l’insegnamento del greco,del latino e del pensiero classico.
Mai bimbi soli davanti alla televisione
Non lasciare i bimbi soli davanti alla tv,limitarne l’uso e spiegare loro cosa stanno vedendo.
Videogiochi ok,ma se di ruolo
Privilegiare i videogiochi di ruolo,che allenano al ragionamento e alle strategie.
Dialogo e pensiero proprio
Sviluppare l’attitudine al dialogo e alla costruzione di un pensiero proprio.
Vietare in aula l’uso del telefono
Vietare rigorosamente l’uso del telefono cellulare durante le lezioni in classe.
Tablet e pc solo per ricerche
Consentire l’uso di pc e tablet solo in caso di ricerche o sperimentazioni sorvegliate.
Prof a scuola di tecnologia
Gli insegnanti devono avere le stesse conoscenze tecnologiche degli allievi.


Post tratto dall’articolo di Giacomo Valtolina pubblicato sul Corriere Della Sera del 18 gennaio 2013.

sabato 12 gennaio 2013

L'impronta economica


Il progetto “L’impronta economica”introduce noi ragazzi delle scuole secondarie di primo grado alle principali tematiche economiche e finanziare e ci stimola a riflettere su un mondo per noi poco conosciuto, illustrandone l’impatto sulla vita quotidiana.
Ci spinge a riflettere sul nostro rapporto con il denaro. Molti ragazzi risparmiano somme di denaro che poi tengono in casa, ma sarebbe meglio aprire un conto in banca?
Pensiamoci e riflettiamo visto che aprire un conto in banca ci servirà per il futuro.
Risparmiare denaro non basta, è anche necessario saperlo gestire: registrare le entrate e le uscite per essere consapevoli di quanto si dispone e quindi poi valutare le spese che si possono  affrontare.
Nella nostra valutazione non andrebbero dimenticate eventuali spese impreviste, come la realtà quotidiana insegna.
Le parole dell’esperto mi hanno fatto riflettere. Del resto non è facile avere soldi propri, spenderli bene e anche risparmiare.
I primi due incontri mi sono piaciuti: è stato interessante scoprire un aspetto della realtà che poco conoscevo. Ora non sono certo un esperto, ma ho imparato nuove cose e consigli da applicare e soprattutto il mio atteggiamento nei confronti dei soldi sarà più consapevole, con una nuova impronta, appunto.
Ci sono argomenti più o meno interessanti, esperienze più o meno utili, questa è sicuramente utile e necessaria se pensiamo alla nostra vita presente e futura nel mondo reale.

Post di Lorenzo T. della classe 3 A.


La generazione della lettura breve


La mia leggeva saggi e romanzi. Quella di oggi diffida della lunghezza e preferisce chattare. Chi sa correre sulle due distanze è un atleta mentale.
Carissimo Peppe, ho diciassette anni e frequento la quarta classe del liceo scientifico. Mi meraviglio sempre nel constatare quanto poco spazio abbia la lettura nella vita della maggior parte dei miei coetanei. Mi meraviglia e mi allarma ancor di più il fatto che mai un professore, al liceo, abbia inserito nella programmazione della mia classe la lettura di un libro. Ora, sono io paranoica o il fatto che i ragazzi non leggano praticamente più è preoccupante? Cosa ne pensa lei? La sua generazione leggeva?

 Maria Esposito


La mia generazione leggeva e, in molti casi, legge. Hai ragione Maria: è una buona abitudine, utile prima nello studio e poi sul lavoro. Estrarre la sostanza da un lungo testo, o il succo emotivo di un romanzo, è un’operazione di sintesi; e la sintesi è la chiave di comprensione del mondo. La tua generazione spesso diffida di questa lettura lunga; mentre è formidabile con la lettura breve (sms,twitter,face book,what’s app,chat eccetera). Molti miei coetanei deridono o minimizzano questa vostra abilità; e sbagliano. Mettiamola così. Voi sapete correre i 100 metri e dovete trovare il fiato per i 10.000; noi teniamo sui 10.000, ma dobbiamo imparare lo scatto per i 100 metri. Chi sa correre sulle due distanze è un atleta mentale, pronto a tutte le prove.

Peppe Severgnini

Dalla rivista SETTE settimanale del Corriere Della Sera del 4 gennaio 2013.

martedì 8 gennaio 2013

Incontro con la Croce Rossa


Lunedì 10 dicembre noi alunni della 3 A abbiamo assistito ad un incontro sulla nascita della Croce Rossa. Per parlarci dell’argomento è venuta Mirella Giambartolomei una ex insegnante ora volontaria della Croce rossa.
La Croce Rossa fu fondata da Henry Dunant, un cittadino svizzero che assistendo alla battaglia di Solferino (nel 1859) rimase sconvolto dall’elevato numero di morti e feriti.
Insieme a quattro connazionali decise di fondare un’associazione di volontari che ,in tempo di pace, organizzasse l’assistenza ai feriti in caso di guerra.
Nel 1864 venne firmata , da dodici nazioni, la convenzione di Ginevra che garantisce la neutralità e la protezione delle ambulanze, degli ospedali e del personale sanitario.
Prevede, inoltre, la possibilità di sgomberare i feriti dal campo di battaglia. Venne scelto il marchio, una croce rossa su sfondo bianco, che rappresenta la bandiera svizzera con i colori invertiti. Ad alcune nazioni però non andava bene la croce perché simbolo della fede cristiana, allora si crearono altri simboli. Ora gli emblemi della Croce Rossa sono:la Croce rossa e la Mezzaluna rossa.
La Signora Mirella ci ha poi spiegato l’attività di volontariato della Croce Rossa. Per far parte dei volontari basta aver compiuto quattordici anni e, dopo un corso e un test finale , si può partecipare alle varie attività dell’organizzazione.
La Croce Rossa basa la sua azione su sette principi fondamentali: umanità, imparzialità, neutralità, indipendenza, volontariato, unità e universalità.
Per me questo incontro è stato molto interessante perché, anche se sapevo dell’esistenza della Croce Rossa, non sapevo che ci fossero dei volontari che si interessano alla vita degli altri senza volere niente in cambio.
Per me i sette principi fondamentali dovrebbero conoscerli tutti. Sarebbe un contributo importante contro il razzismo e la violenza. Io vorrei entrare a far parte della Croce Rossa, per aiutare le persone.

Post di Amanda della classe 3 A.

L’importanza dell’organizzazione della Croce Rossa è indiscutibile; nobili sono i principi a cui si ispira e non si possono che condividere.
Già a quattordici anni si può diventare volontari della Croce Rossa e iniziare a condividere valori e principi sani che aiutano nella crescita e nella formazione di una persona adulta responsabile e rispettosa del prossimo.
Se ogni uomo vivesse la propria vita ispirandosi ai principi della Croce Rossa il mondo sarebbe sicuramente migliore e la guerra sarebbe vinta dalla Pace!

Commento di Lorenzo T. della Classe 3 A.


lunedì 24 dicembre 2012

Auguri


Il 2013 va affrontato con l’entusiasmo di un bambino perché entusiasmo e creatività possono far superare qualsiasi ostacolo.
I BAMBINI IMPARANO CIO’ CHE VIVONO
Se un bambino vive criticato impara a condannare.
Se un bambino vive nell’ostilità impara ad aggredire.
Se un bambino vive deriso impara ad essere timido.
Se un bambino vive nella vergogna impara a sentirsi colpevole.
Se un bambino vive nella tolleranza impara ad essere paziente.
Se un bambino vive nell’incoraggiamento impara ad aver fiducia.
Se un bambino vive nell’approvazione impara ad apprezzare.
Se un bambino vive nella lealtà impara la giustizia.
Se un bambino vive nella sicurezza impara ad avere fiducia in se stesso e in coloro che lo circondano.
Se un bambino vive nell’accettazione e nell’amicizia impara a trovare l’amore nel mondo.

Gli auguri di Buon Natale e Felice Anno sono stati presentati dalla Signora Loredana e dalla figlia Giorgia,alunna della classe 1 A.

lunedì 3 dicembre 2012

Importanza della scuola


Quando mi svegliavo tardi, e tremavo tutto per non far tardi a scuola, mia madre mi diceva:”Nun fa nient, Rafè,statte a casa”. E a furia di far tardi ho perso un anno. Infatti c’è una legge statale che chi fa troppe assenze viene bocciato. Gli anni dopo, però, andavo sempre puntuale, perché venne in casa l’assistente sociale, e disse a mia madre che se non mi pigliavo la licenza elementare, non potevo fare neppure lo scupatore.
La scuola è importantissima, anche se è noiosa, si imparano molte materie importanti, ma la più importante di tutte è la matematica, perché quando vai al mercato non parli di Garibaldi ma di denaro.

Dalla scuola non ho ricavato niente di buono, dal doposcuola sì. Infatti don Merola e i professori si mettono vicino e ti aiutano a fare i compiti, invece la maestra della scuola stava sempre a parlare con le amiche, e non ti cacava*. W DON MEROLA! W LA FONDAZIONE!

* Prestava attenzione.



Brani tratti dal libro di Marcello D’Orta e don Luigi Merola”’A VOCE D’’E CREATURE”-La camorra nei temi dei bambini di Napoli- Mondadori.

sabato 1 dicembre 2012

Più impegno contro l'analfabetismo, l'istruzione non è solo per gli umanisti


Una ricerca, The Learning Curve, realizzata dalla Pearson, certifica quanto siamo caduti in basso sul piano dell’istruzione. Nella classifica dei 50 Paesi considerati, in cima alla quale si collocano Finlandia e Corea del Sud, l’Italia è al ventiquattresimo posto. C’è da meravigliarsi? Non troppo, se è vero che l’analfabetismo funzionale registra da noi percentuali altissime (fino al 70 per cento), come da tempo segnalano, inascoltati, gli esperti: non sappiamo leggere né scrivere se non testi elementari. Il rapporto di Pearson non meraviglia, si diceva. Rappresenta però un nuovo allarme sociale che dovrebbe sollecitare con urgenza la sensibilità politica. Invece, in Italia, la richiesta di sensibilità e di supporto (non solo morale ma anche economico) all’istruzione viene declassata a ingenuo desiderio di anime belle o di umanisti al di fuori del mondo che ignorano le (ben altre) vere urgenze economiche.
La ricerca invita, tra l’altro, a considerare come fattore cruciale l’importanza che la società attribuisce alla scuola e agli insegnanti. Se è così, lo sconforto si potrebbe anche rovesciare in meraviglia al positivo: per un Paese come il nostro, che ha nel suo tessuto profondo un’opinione poco più che dispregiativa della classe docente, reggere al ventiquattresimo posto può persino apparire come in mezzo miracolo.
Mi diceva un’insegnante universitaria di Catania che quando un suo studente, qualche giorno fa, l’ha vista salire su una vecchia Seicento, si è rivolto a lei con una sorta di monito pieno di ironia: “Vede a cosa serve studiare?”. Il fatto è che molti italiani ( i giovani devono averlo appreso dai genitori) ritengono utile alla vita solo ciò che produce ricchezza hic et nunc. Dunque: se i professori sono così scalcinati, a che serve saper leggere, scrivere, far di conto? In questa prospettiva, una delle affermazioni in sé più banali del report di Pearson: “I bravi insegnanti meritano rispetto”, suona addirittura come uno slogan rivoluzionario. E siccome, a differenza di quel che si crede, l’insegnamento non è necessariamente una missione ( se non in uno stato di emergenza culturale ), è urgente che ai bravi docenti italiani venga riconosciuto il ruolo che i loro colleghi hanno in Finlandia e in Corea. Con i diritti e i doveri del caso.

Paolo Di Stefano
Articolo tratto dal Corriere della Sera del 27 novembre 2012.