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lunedì 22 dicembre 2014

Pakistan, spezziamo le catene che portano odio e dolore

L’estremismo si combatte con un unico bombardamento: quello dei libri contri l’ignoranza di cuori e menti.

Di Susanna Tamaro

L’eliminazione dei terroristi che hanno fatto irruzione in una scuola militare di Peshawar, sterminando 145 persone, di cui oltre cento studenti, non mette certo fine all’orrore di una realtà che troppo spesso giunge nella quiete delle nostre case. L’esecuzione a sangue freddo di bambini e ragazzi provoca in noi un naturale e altrettanto violento moto di orrore.
Com’è possibile?-ci chiediamo ogni volta, con doloroso stupore. La fiammata di indignazione però è destinata a durare solo qualche giorno, poi tutto viene riassorbito dall’incalzare di altre notizie. Chi parla più delle studentesse rapite da Boko Haram, in Nigeria? Scomparse, inghiottite dal loro atroce destino. E le altre studentesse avvelenate con il gas dai talebani? E quelle uccise da una bomba sullo scuolabus di un’università femminile, in Pakistan? Per no parlare dei bambini trucidati a Breslan, nel 2004. La sequenza è più o meno ininterrotta. A volte la notizia ha il diritto della prima pagina, mentre per altre bastano poche righe nella cronaca.
Dunque in questi Paesi ,-e purtroppo non solo in questi -c’è qualcosa che fa davvero paura, e questo qualcosa è l’istruzione. Perché fa tanta paura? Perché permette alle persone di evolversi dallo stato tribale, da uno stato di fissità, in cui le regole sono stabilite una volta per sempre. Alcuni,pochi, hanno il potere e con quel potere assoluto tengono in pugno ogni ambito della comunità. E’ la realtà dell’uomo inconsapevole della sua complessità, è il cuore nero del nostro retaggio evolutivo che condividiamo con le grandi scimmie: il nostro simile, all’improvviso, può diventare il grande nemico, colui da abbattere, da sbranare, da ridurre in brandelli.
Nel prosieguo di questo solco si inserisce la realtà dell’occhio per occhio, dente per dente. Tu devi provare quello che ho provato io. I terroristi afgan, infatti, hanno dichiarato di aver programmato la strage proprio con questo preciso intento: far capire ai loro “persecutori” quanto le azioni dell’esercito abbiano fato soffrire le loro famiglie.
E’ chiaro che di questo passo non si arriva da nessuna parte, perché a un dolore  se ne aggiunge un altro, poi ancora un altro, in una escalatio senza fine. Tutta la storia della civiltà ci conferma che il sangue chiama soltanto sangue. Se vogliamo che l’orrore e l’indignazione non rimangano un’esibizione di umanità fine a se stessa, bisogna cercare di capire quale sia la via da percorrere per fare in modo che questa catena si spezzi. Da quattordici anni . con la mia fondazione, sostengo progetti di istruzione e di sviluppo in molti Paesi del mondo, compresa l’Italia. Non posso scordarmi la gioia di questi ragazzi e di queste ragazze, la luce dei loro sguardi, la felicità di poter partecipare a un progetto precluso ai genitori.
E’ la loro energia positiva, la loro volontà di crescere, di migliorarsi, l’unica medicina che abbiamo per sanare le ferite di questo mondo. La sola vera guerra da fare è quella contro l’ignoranza. L’ignoranza delle menti e l’ignoranza dei cuori. E l’ignoranza- come dice il premio Nobel per la pace, l’iraniana Shirin Ebadi – si combatte con un unico bombardamento. Quello dei libri.


Articolo pubblicato sul Corriere Della Sera del 14 dicembre 2014.

GENITORI SPAZZANEVE

Gli inglesi li chiamano “genitori spazzaneve”. Perché “ripuliscono ogni cosa davanti ai loro figli in modo che nulla possa andare loro storto e possa minacciare la loro autostima”. Succede a Londra, al collegio femminile di Saint Paul dove la direttrice Clarissa Farr, racconta al Times, ogni giorno si imbatte in madri e padri vittime di “ansia frenetica che fa loro rifiutare l’idea che i propri pargoli possano arrivare secondi”. Il che si traduce in “bambini iperprotetti e incapaci di affrontare un fallimento”.
Succede anche in Italia. Dove schiere di genitori arrivano da insegnanti e presidi e “giustificano, minacciano, mentono perfino pur di proteggere gli amati figlioletti da una punizione”. Succede all’asilo e si va avanti fino alle superiori. Perché “la scuola è il nemico”. Riflette Daniela Scocciolini, per oltre quarant’anni insegnante e poi preside del liceo Pasteur di Roma:”La tendenza a prevenire ed evitare qualsiasi difficoltà ai figli è diventata patologica. padri e madri sono del tutto impreparati ad affrontare gli insuccessi dei figli, non ci si vogliono trovare ‘perché non sanno come uscirne”. E’ come se dicessero: “Non create problemi a mio figlio perché li create a me”. E allora, “la soluzione più facile è dire sempre di sì, spianare la strada: sono genitori non genitori che rinunciano a priori a educare i propri figli cercando di semplificare tutto”. E la colpa di ogni insuccesso, dice Innocenzo Pessina, ex preside del liceo Berchet di Milano, 43 anni tra scuole di periferia e centro, “è data sempre dalla scuola, così si arriva ai ricorsi al Tar per bocciature e brutti voti”.
Ma c’è anche “ l’ansia frenetica” di far primeggiare i figli ad ogni costo, la “ricerca del successo” con l’idea che chi sbaglia sia un fallito: “Crea tanta infelicità tra i ragazzi” dice Silvia Vigetti Finzi, psicoterapeuta che dal blog”Psiche Lei” su Io Donna osserva ogni giorno genitori –figli -scuola: si trasmettono aspettative e stereotipi per indirizzarli dando un’idea di competitività anziché realizzazione di sé”. E magari alla fine nessuno è contento: “ Forse anche per la crisi economica – dice Vigetti Finzi- i genitori sono più ansiosi per il futuro e si sostituiscono ai figli, come se dicessero: “Scelgo io per te” e preparano loro le strade da seguire”. E allora? “Lasciateli liberi, ritiratevi progressivamente lasciando la vita di vostro figlio a lui, inclusi fallimenti ed errori”.

Claudia Voltattorni

Articolo pubblicato dal Corriere Della Sera del 30 novembre 2014.

domenica 23 novembre 2014

I diritti delle donne

Nonostante ci siano leggi che affermano la parità tra uomo e donna,ciò non è sempre vero. Non solo nei Paesi in via di sviluppo dove la donna è considerata una “schiava” e un essere inferiore, ma anche nelle nostra società sviluppata. Infatti ancora oggi ci sono categorie di lavoro riservate solamente agli uomini.
Violenze,molestie,omicidi per gelosia le cui vittime sono donne, ancora indifese da una giustizia inesistente. Personalmente penso che tutto questo sia sbagliato, perché Dio ci ha creati tutti uguali e con gli stessi diritti uomini e donne.
Malgrado la differenza esistente tra i due sessi, questa non deve essere vista e vissuta con paura, ma come arricchimento per entrambi.

Post di Martina della classe 3 A.

Secondo me non è giusto che le donne vengano trattate con inferiorità rispetto agli uomini perché non hanno niente di diverso e devono avere gli stessi diritti.
Fortunatamente ci sono leggi a favore della donna, che però a volte, non vengono rispettate. Spesso mi chiedo se le persone pensano che le donne siano importanti come l’uomo. Purtroppo in molti Paesi in cui c’è poca istruzione la donna non viene considerata. Si sentono tutti i giorni casi di donne uccise dall’ex fidanzato o marito solo perché non lo amava più e se lei non poteva essere sua non sarebbe stata di nessun altro.
Un altro problema è la politica:le donne dei Paesi sottosviluppati no hanno diritto di voto e io penso che non sia giusto perché tutti hanno diritto di esprimere la propria opinione, il proprio pensiero.

Post di Arianna della classe 3 A.

Le donne hanno avuto un cammino per farsi riconoscere i propri diritti cioè la parità tra uomo e donna. In Italia la Costituzione e molte altre leggi affermano la parità, a differenza di quanto avviene in altri Paesi.
Le donne nei Paesi in via di sviluppo soffrono una pesante condizione d’inferiorità. Non sono istruite e sono costrette a sposare uomini più anziani e ricchi; la loro ignoranza provoca gravi problemi sanitari e l’esclusione dalla vita politica.
Da noi le donne hanno quasi una piena parità con l’uomo. Una cosa brutta è che molte donne devono rinunciare al lavoro perché non ci sono asili nido dove poter lasciare il figlio.
Un fatto importante è che l’Organizzazione delle Nazione Unite, nei prossimi anni, assicurerà l’istruzione nei Paesi poveri.


Post di Andrea della classe 3 A.

Macché,le donne sono ancora penalizzate

Nella maggior parte del mondo, nascere femmina significa ancora avere meno possibilità di un maschio. Se in alcuni casi è evidente (in Arabia Saudita le donne non possono guidare), in altri lo è meno- anche se le conseguenze in termini di qualità della vita rimangono pesanti. Per rendere più tracciabile e quindi più facile da “ridurre” la distanza tra uomini e donne dal 2010 l’Organizzazione Mondiale delle Nazioni Unite elabora un “Gender inequality index” (Gii), un indice delle diseguaglianze di genere che calcola la “perdita di progresso” causata dalla discriminazione, misurando vari indicatori: salute riproduttiva (in base alla mortalità per parto e al tasso di gravidanza tra le adolescenti), accesso al potere politico,educazione,emancipazione ,lavoro e reddito.
Il quadro che emerge dagli ultimi dati conferma, purtroppo, che le diseguaglianze di genere sono ancora un fardello per la maggior parte dei Paesi. In cima alla classifica c’è la Slovenia, dove il genere di appartenenza influenza di meno le possibilità di vita. All’ultimo posto lo Yemen.
Ovunque nel mondo il potere è soprattutto maschile:in media solo il 21% dei parlamentari sono donne, che possono così contribuire a scrivere le leggi che condizioneranno le loro vite. E se la percentuale a sorpresa aumenta in America Latina e ai Caraibi, scende moltissimo (sotto il 14%) nei Paesi arabi, fino al Qatar,dove le donne sono escluse dalla vita politica. Solo a Cuba e in Ruanda la percentuale di donne in parlamento corrisponde a quella nella società.
L’educazione è l’ambito dove ci sono meno disparità,eppure restano grandi differenze:nei Paesi più sviluppati ha un’istruzione secondaria l’88% degli uomini e l’86% delle donne, ma nel Sudest asiatico tra i primi e le seconde ci sono 15 punti percentuali di differenza. Che in Togo arriva al 30%(il dato peggiore).
Oltre alla politica,reddito e lavoro rimangono gli ambiti in cui le donne sono più penalizzate. A livello globale lavora solo il 51% di loro (contro il 77% degli uomini),mentre negli Stati arabi o islamici la percentuale scende addirittura al 25%.
Ambiti chiave, non a caso:indipendenza economica, potere finanziario e politico sono fondamentali per opporsi allo status quo-o per mantenerlo.


Articolo tratto da Corriere della Sera del 23 novembre 2014 pubblicato a pag.9 del supplemento “La Lettura” firmato da Elena Tebano. 

venerdì 30 maggio 2014

MIRALFIORE Un grande respiro al centro della città

Oggi abbiamo dentro il cuore di una città di 90000 abitanti un pezzetto di paesaggio agrario marchigiano storico, con filari di peri e aceri a cui erano maritate le viti, e lunghe strisce di seminativo tra i filari, abbiamo ancora salici lungo i fossi, e in tutto questo si scopre che esiste una piccola ricchezza floristica, un abbondante popolazione di gladiolo, giacinto romano, alcune orchidee, nascosti tra le alte graminacee che ondeggiano al vento..
E’ la bellezza di un grande campo che si muove sotto l’azione del vento e cattura l’occhio, donando gratuite sensazioni minuscole dal grandissimo effetto sull’anima.
La complessità e la ricchezza biologica e storica del parco pongono il problema di come gestirle e fruirle.
Lo abbiamo voluto libero quanto bastava per potercisi sedere, sdraiare, per giocarci, farci merende, ma è evidente che alcune aree sono più delicate e dovremmo usarle senza danneggiarle per conservare quella bellezza che il parco ha per tutti.
Capire che in alcuni tratti di prato sarebbe bene non stendere coperte per non schiacciare i fiori, e non cogliere quei fiori affinché altri possano goderne, è un grande avanzamento culturale, dall’uso egoistico del parco ad un uso che ammetta il diritto di altri di godere delle stesse cose di cui abbiamo goduto noi.
Non si dovrebbero cogliere le orchidee appena sbocciate, nessun altro le vedrebbe più.
Non si dovrebbe venire al parco con le sporte da riempire di pere, di cachi, di fichi, portandosi via tutto. Un frutto si può cogliere e mangiare, prenderli tutti è un gesto di grande arroganza e rapina.
Il problema più grande del parco è la qualità della fruizione.. Direi che è l’educazione che si chiama anche rispetto.
I cestini sono onnipresenti, eppure ogni giorno si devono raccogliere rifiuti , dappertutto…
Che disprezzo intollerabile verso tutto e tutti. Ci agisce così non si merita il parco. Dovrebbe rimanere a casa propria!




Appunti tratti dalla relazione di Andrea Fazi tenuta il 3 maggio 2014 alla biblioteca Bobbato sul Parco Miralfiore di Pesaro.

mercoledì 21 maggio 2014

Essere secchioni? Conta più del talento. I nostri studenti non sanno ammetterlo.

Steve Jobs la chiamava “fame”,in italiano si potrebbe dire “impegno”, i ricercatori dell’Ocse l’hanno misurato come hard work. Nello slang degli studenti, è l’essere “secchione”, per i quindicenni meglio tradotto in nerd.
Si tratta di una variabile visibilmente trascurata dai ragazzi italiani e che, a leggere gli ultimi dati diffusi dall’Osservatorio Ocse-Pisa, potrebbe contribuire a fare la differenza nella scuola italiana almeno quanto i tablet, le lavagne elettroniche, la lezione non-frontale e tutte le innovazioni di cui si sente comunque il bisogno: si tratta dello studio.
Essere secchione non solo è faticoso ma, si sa, non è cool, l’impegno stanca e studiare anche, meglio affidarsi al talento, come da modelli televisivi e non solo. O a un colpo di fortuna, aprendo il pacco giusto che ti cambia la vita. Lo pensa la stragrande maggioranza degli studenti italiani.
Alla domanda “studiando molto potete avere risultati migliori in matematica?”, solo uno studente su dieci risponde che studiare, impegnarsi, possa portare a migliori risultati. Il resto è appunto talento, fortuna, caso. O spintarella.
Inutile a questo punto aggiungere che nei sistemi scolastici migliori del mondo i ragazzi considerano lo studio e naturalmente il riconoscimento dello sforzo come una parte importante del loro impegno.
Finlandia, Polonia, Canada per non dire i Paesi dell’estremo Oriente, ma anche gli inglesi e gli americani pensano che per riuscire bisogna impegnarsi ed essere un pò secchioni. Solo argentini, colombiani, costaricani e albanesi sono più pigri di noi.
Eppure i nerd alla fine e silenziosamente riescono anche in Italia. Anche se meno di quel che potrebbero, come dice il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, che considera il sistema delle nostre imprese penalizzante nei confronti dei laureati.
Nell’ultima rilevazione Almalaurea sull’occupazione dei neo-laureati si legge che a cinque anni dalla fine degli studi il 90 per cento dei dottori ha un lavoro. Un percorso troppo lento e magari incerto, figlio non solo della crisi.
Ma nettamente più felice di quanti, considerandosi senza talento e dunque predestinati a una vita da mediani o a un colpo di fortuna ( o ad una spinta ), hanno deciso di lasciar stare magari dopo il diploma.



Gianna Fregonara dal Corriere della Sera del 12 marzo 2013.

Il nemico nella cameretta

Cari genitori, una domanda molto semplice: “Lascereste i vostri ragazzi uscir soli la notte?”. “Ma siamo matti!” suppongo la risposta. Eppure gli permettete di navigare sul web senza vigilare su dove vadano chi incontrino. Tanto, chiusi nella loro cameretta sembrano al sicuro. Ma le strade telematiche sono molto più pericolose di quelle cittadine. Per le vie reali circolano persone più o meno raccomandabili, ma pur sempre in carne ed ossa, che si espongono in prima persona al riconoscimento degli altri.
In chat navigano invece perfetti sconosciuti, vandali senza nome e senza volto che si permettono di lanciare insinuazioni, offese , e minacce. Celati dietro lo schermo dell’anonimato, procedono impuniti, spesso ignari dei drammi che hanno provocato.
Una ragazza di Venaria, domenica 13 aprile, si è gettata dal sesto piano ma non è la prima né l’ultima vittima di una violenza che ferisce e talora uccide, proprio i più fragili, i più vulnerabili.
Tutti i ragazzi, indipendentemente dal loro aspetto, sono “fisiologicamente” in crisi d’identità. Come brutti anatroccoli in attesa di trasformarsi in cigni, si sentono inadeguati, “sfigati” e soli. Il rischio li attrae, il pericolo li affascina perché vi trovano una misura del loro valore. Ma, anche quando ostentano sicurezza e rivendicano autonomia, vanno protetti dalla loro stessa audacia. Negli ultimi tempi, una serie di casi di suicidio di adolescenti vittime di cyber bullismo ha indotto la commissione “Diritti umani “ del Senato a predisporre un disegno di legge che obblighi i gestori a chiudere i social network ritenuti pericolosi. Una tutela necessaria ma insufficiente se non si responsabilizzano i ragazzi e non si preparano gli educatori, genitori e insegnanti, a intervenire monitorando e filtrando gli scambi in Rete.
Cerchiamo di evitare che la “generazione digitale” si trovi ad essere al di qua e abbandonata a se stessa al di là dello schermo.


Articolo di Silvia Vigetti Finzi pubblicato sul Corriere della Sera del 17 aprile 2014.