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sabato 7 dicembre 2013

Avvicinare i bambini alla natura migliora la loro crescita culturale

Ai bambini piacciono le collezioni di ogni tipo. Hanno uno spirito sistematico,si potrebbe dire. Amano raccogliere le figurine dei calciatori,i modelli delle automobili e quelli di plastica dei dinosauri. Inoltre si divertono, e sono bravissimi,a conoscere e ricordare i nomi di tutto quello che vanno raccogliendo. Se poi si tratta di dinosauri o di altri animali ricordano persino i loro nomi scientifici,in latino. Si trovano ancora, infatti, in quella precoce fase della vita in cui occorre imparare a dare il nome alle cose e ciò, semplicemente, perché appartengono a una specie che deve tutto imparare e che, tanto più sa, tanto meglio si troverà nel futuro. A cominciare, per esempio, dal conoscere tante parole.
Si tratta dunque d’un fatto naturale della specie umana. Ma c’è anche dell’altro nella nostra natura. Nasciamo infatti con, scritta nei nostri geni, una vivissima curiosità per gli altri viventi. O.E.Wilson, grande studioso della biodiversità, definì quest’attrazione “biofilia”. Una spontanea necessità di specifica conoscenza ben presente in ogni bambino.
Il fenomeno ancora sussiste- ci spiega Wilson- perché siamo vissuti per moltissimo tempo, ben più di centomila anni, immersi nella natura, dov’era indispensabile saper interagire con gli esseri che con noi condividevano il Pianeta. E la sopravvivenza allora era legata al conoscerli bene, al saperli indicare e descrivere. Un’eredità, dunque, che viene da lontano e che questo mondo un po’ troppo moderno sta spazzando via, sottraendola soprattutto alle ultime generazioni che tendono a sostituirla con giochi tecnologici.
I nostri figli sono di fatto sempre più pigri. Soddisfano le loro infantili curiosità giocando estraniati davanti a uno schermo, senza stimoli a esplorare autonomamente il mondo, muovendo un po’ le gambe. Più grassi e con meno muscoli, insomma.
Dovrebbero essere portati più spesso in un bosco, nei prati, con scarponi e binocolo.
Non devono perderla quell’innata attrazione verso la natura, bensì coltivarla. Così sentiranno poi il desiderio di rispettarla, di proteggerla.



Danilo Mainardi
Dal Corriere della Sera del 5 dicembre 2013.


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