Ai
bambini piacciono le collezioni di ogni tipo. Hanno uno spirito sistematico,si
potrebbe dire. Amano raccogliere le figurine dei calciatori,i modelli delle
automobili e quelli di plastica dei dinosauri. Inoltre si divertono, e sono
bravissimi,a conoscere e ricordare i nomi di tutto quello che vanno
raccogliendo. Se poi si tratta di dinosauri o di altri animali ricordano
persino i loro nomi scientifici,in latino. Si trovano ancora, infatti, in
quella precoce fase della vita in cui occorre imparare a dare il nome alle cose
e ciò, semplicemente, perché appartengono a una specie che deve tutto imparare
e che, tanto più sa, tanto meglio si troverà nel futuro. A cominciare, per
esempio, dal conoscere tante parole.
Si
tratta dunque d’un fatto naturale della specie umana. Ma c’è anche dell’altro
nella nostra natura. Nasciamo infatti con, scritta nei nostri geni, una
vivissima curiosità per gli altri viventi. O.E.Wilson, grande studioso della
biodiversità, definì quest’attrazione “biofilia”. Una spontanea necessità di
specifica conoscenza ben presente in ogni bambino.
Il
fenomeno ancora sussiste- ci spiega Wilson- perché siamo vissuti per moltissimo
tempo, ben più di centomila anni, immersi nella natura, dov’era indispensabile
saper interagire con gli esseri che con noi condividevano il Pianeta. E la
sopravvivenza allora era legata al conoscerli bene, al saperli indicare e descrivere.
Un’eredità, dunque, che viene da lontano e che questo mondo un po’ troppo moderno
sta spazzando via, sottraendola soprattutto alle ultime generazioni che tendono
a sostituirla con giochi tecnologici.
I
nostri figli sono di fatto sempre più pigri. Soddisfano le loro infantili
curiosità giocando estraniati davanti a uno schermo, senza stimoli a esplorare
autonomamente il mondo, muovendo un po’ le gambe. Più grassi e con meno
muscoli, insomma.
Dovrebbero
essere portati più spesso in un bosco, nei prati, con scarponi e binocolo.
Non
devono perderla quell’innata attrazione verso la natura, bensì coltivarla. Così
sentiranno poi il desiderio di rispettarla, di proteggerla.
Danilo Mainardi
Dal Corriere della
Sera del 5 dicembre 2013.
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