Sostituire
una serratura o una finestra è molto caro. Su Twitter c’è chi scrive. Se
rinasco faccio il fabbro o il falegname. Qualcuno su Twitter racconta
sconsolato: la sostituzione del vetro di una porta di casa mi è costata
duecentocinquanta euro Iva esclusa. Se rinasco faccio il vetraio. Qualcun altro
annuisce, si aggrega e dà man forte: sostituire la serratura, forzata dai
ladri, mi è costato cinquecento euro. Se rinasco faccio il fabbro. Altri
seguono a ruota, portando ognuno la propria esperienza e la propria opzione di
rinascita. Un unico lamento: spendiamo tanto, troppo, per rimpiazzare le cose
che si rompono. E le cose si rompono continuamente.
Diversamente
da altri campi del commercio, qui il consumatore è svantaggiato. Il mercato non
è dalla sua parte. Non esiste low cost. Il prezzo non è sempre giusto e
comunque lo fanno le aziende che
forniscono il servizio. Sembrano dire ( e talvolta lo dicono): se ti sta bene è
così, sennò ti arrangi.
Viene
allora da chiedersi perché i ragazzi, al momento di scegliere il loro futuro
non prendano in considerazione anche i mestieri artigiani, visto che possono
rendere bene. Vetrai, fabbri, antennisti, falegnami ,idraulici, ma anche,
stendendo, cuochi e giardinieri. Orafi e pellettieri. Uno dei più importanti
marchi del lusso, tempo fa, proponeva come testimonial, al posto delle star,
l’elite artigiana che realizza a mano i suoi prodotti.
Oggi
molte aziende importanti del Made in Italy, in tutti i settori, faticano a
trovare il personale specializzato di cui hanno bisogno. Forse , oltre a un
rilancio delle scuole d’arti e mestieri, servirebbe anche una campagna
d’immagine per ridare valore, agli occhi dei giovani, alle attività che
richiedono mani d’oro. E, come sempre molto cervello.
Anche
la televisione potrebbe contribuire, con la forza narrativa della fiction. Fino
ad oggi hanno spopolato i poliziotti, i giudici, i sacerdoti, i medici, i
professori, i giornalisti. Perché non immaginare storie che abbiano come
protagonista un vetraio, un fabbro, un idraulico?
Dall’articolo di Edoardo
Segantini pubblicato dal Corriere della
Sera del 16 luglio 2012.