“Sono
stati creati (social) senza filtri: i minori sono vittime e gli adulti se ne
accorgono tardi”
L’emergenza
bullismo e il suo aggiornamento, il cyberbullismo, sta bloccando il respiro e
la vita di più generazioni, come una nebbia urticante che circoli senza
ostacoli, da Rimini a Vancouver a Bangalore.
Gli
atti di prepotenza fisica, verbale e psicologica nei confronti di ragazzini e
ragazzine; e le gravi conseguenze psicologiche di cui soffrono le vittime, e
che vanno dallo stress allo sviluppo di disturbi mentali, dall’autolesionismo
al calo del rendimento scolastico, oltre a un nesso evidente con l’insorgere di
depressioni gravi e pensieri di suicidio, hanno sfondato argini sociali,
economici, geografici e di età (sono in aumento i casi tra bambini dei primi
anni di elementari).
E
non hanno più limiti di orari, poiché la Rete non dorme. Dopo aver occupato
scuola, strade, campi sportivi e di gioco, filtrano attraverso computer, smartphone,
videogiochi.
La
logica però non cambia: uno squilibrio di potere fisico o psichico tra chi
agisce e chi subisce. L’emergenza è affrontata con interventi mirati, campagne
social, il coinvolgimento di scuole e genitori, leggi, e la diffusione di dati
raccolti sul territorio.
I
risultati tracciano anche una distanza che non è mai stata così grande tra
figli e genitori: il 67% degli adulti non sa cosa sia il sexting ( mentre un
adolescente su quattro ammette di averlo fatto, e già a 11 anni), e l’81% non
conosce il fenomeno del sextorsion ( mentre il 41% dei figli teme di essere
contattato da estranei e di ricevere richieste sessuali).
Rischi sottovalutati
Una
delle ragioni della difficoltà da parte delle famiglie e insegnanti a
esercitare il proprio ruolo educativo, è creata da quella tumultuosa corrente
di cambiamento della quotidianità e che noi riassumiamo nella parola Rete, lì
dove non si tiene in minimo conto dei rischi che corrono gli utenti più piccoli
e fragili.
Il
cyberbullismo, rispetto al bullismo fisico o verbale diretto, ha come
aggravanti la pervasività, la persistenza, l’anonimato, l’assoluta assenza di
contatto e quindi di empatia.
C’è
un momento preciso in cui si dilata la distanza tra genitori e figli.
“La
presenza dei genitori”, sostiene Ernesto Caffo ( fondatore di Telefono
Azzurro),”si ferma quasi sempre con la fine della quinta elementare. Alle medie
i ragazzi che hanno fragilità s’incontrano con un gruppo di insegnanti e
coetanei non preparati alle conseguenze delle conquiste, tramite la Rete, di
conoscenze caotiche, prive di coordinamento.
Da
una parte c’è un uso malsano delle tecnologie e delle immagini, dall’altra una
profonda incapacità di controllare le proprie emozioni.
I
ragazzi sono inadeguati ad affrontare le sfide perché non hanno più alle spalle
la sicurezza della famiglia e della comunità. I genitori sono vicini soltanto
fisicamente: anche per questo, le vittime di bullismo chiedono spesso aiuto ai
loro coetanei”.
E
si tenga presente che già prima dei 13 anni, la vita dei figli è nei social media
( il 73% usa WhatsApp, il 44% Facebook e il 35% Instagram).
“
La Rete non nasce per loro ma, per sfruttarli”, prosegue Caffo.
Sull’importanza
della soglia tra elementari e medie, insiste Rosalba Ceravolo, ricercatrice e
psicologa dell’età evolutiva presso Sos il Telefono Azzurro.
“
In questo passaggio delicato cambiano i compiti evolutivi di insegnanti e
adulti. Quanto avveniva normalmente
verso i 13, 14 anni, cioè lo spostamento dalle relazioni famigliari a quelle
con i propri pari di età, oggi avviene già in prima media. Questa transizione
riguarda ragazzi ancora molto piccoli, ma che, grazie alla Rete, dispongono di
un bagaglio di esperienze diverse e ricche e che creano non poche difficoltà a
genitori e insegnanti a mantenere il ruolo di educatori”.
Post estratto dall’articolo
di Michele Neri pubblicato dalla rivista Sette del Corriere della Sera del 3
marzo 2017