I
genitori hanno tante buone ragioni per essere preoccupati. Si continua a dire
che la Rete è un’opportunità, ma non si dice abbastanza che è anche un
pericolo, o meglio: che può diventare un pericolo. Circa un ragazzino italiano su
quattro tra i 9 e i 10 anni frequenta abitualmente ( e liberamente ) Facebook:
solo ( sottolineato solo ) un terzo è estraneo al web.
Parlare
di ragazzini è generico, perché in buona parte si tratta di bambini, se
l’infanzia dura ancora fino a dieci anni. Va da sé che i genitori non avrebbero
di che preoccuparsi se il mondo digitale non fosse, per sua stessa natura e costituzione ( quasi come
ragione stessa del suo esistere ), totalizzante: invasivo e quindi tirannico,
specialmente per menti fragili come quelle infantili e preadolescenti.
Certo,
i social network sanno che bisogna essere “politicamente corretti”, vietando (
sulla carta ) l’accesso ai minori di 13 anni. Ma è un’ipocrisia o una foglia di
fico: in realtà sanno bene che il web è ( anche qui per sua stessa natura ) un’area
franca, fuori controllo, in cui i bambini possono mentire, cioè dichiarare
un’età che non hanno. L a bugia è ammessa, anzi viene incoraggiata. Bugia
veniale? Sì e no, cari genitori. Sì, perché esistono menzogne oggettivamente
più gravi. No, perché un territorio anonimo e totalizzante ( e dunque
totalitario ) non è un paese per bambini, tant’è vero che il cyberbullismo
impazza ( il 9% ) è un tasso altissimo).
L’unico
controllo possibile ( o impossibile ) contro questo territorio fuori controllo
spetta a papà e mamma: o meglio alla capacità non di punire la menzogna, ma di
porre dei limiti, delle regole. Cioè di educare: occuparsene prima di
preoccuparsene.
Articolo di Paolo Di Stefano
pubblicato dal Corriere della Sera del 16 settembre 2015.
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