Nella
maggior parte del mondo, nascere femmina significa ancora avere meno
possibilità di un maschio. Se in alcuni casi è evidente (in Arabia Saudita le
donne non possono guidare), in altri lo è meno- anche se le conseguenze in
termini di qualità della vita rimangono pesanti. Per rendere più tracciabile e
quindi più facile da “ridurre” la distanza tra uomini e donne dal 2010 l’Organizzazione
Mondiale delle Nazioni Unite elabora un “Gender inequality index” (Gii), un
indice delle diseguaglianze di genere che calcola la “perdita di progresso”
causata dalla discriminazione, misurando vari indicatori: salute riproduttiva
(in base alla mortalità per parto e al tasso di gravidanza tra le adolescenti),
accesso al potere politico,educazione,emancipazione ,lavoro e reddito.
Il
quadro che emerge dagli ultimi dati conferma, purtroppo, che le diseguaglianze
di genere sono ancora un fardello per la maggior parte dei Paesi. In cima alla
classifica c’è la Slovenia, dove il genere di appartenenza influenza di meno le
possibilità di vita. All’ultimo posto lo Yemen.
Ovunque
nel mondo il potere è soprattutto maschile:in media solo il 21% dei
parlamentari sono donne, che possono così contribuire a scrivere le leggi che
condizioneranno le loro vite. E se la percentuale a sorpresa aumenta in America
Latina e ai Caraibi, scende moltissimo (sotto il 14%) nei Paesi arabi, fino al
Qatar,dove le donne sono escluse dalla vita politica. Solo a Cuba e in Ruanda
la percentuale di donne in parlamento corrisponde a quella nella società.
L’educazione
è l’ambito dove ci sono meno disparità,eppure restano grandi differenze:nei Paesi
più sviluppati ha un’istruzione secondaria l’88% degli uomini e l’86% delle
donne, ma nel Sudest asiatico tra i primi e le seconde ci sono 15 punti
percentuali di differenza. Che in Togo arriva al 30%(il dato peggiore).
Oltre
alla politica,reddito e lavoro rimangono gli ambiti in cui le donne sono più
penalizzate. A livello globale lavora solo il 51% di loro (contro il 77% degli
uomini),mentre negli Stati arabi o islamici la percentuale scende addirittura
al 25%.
Ambiti
chiave, non a caso:indipendenza economica, potere finanziario e politico sono
fondamentali per opporsi allo status quo-o
per mantenerlo.
Articolo tratto da
Corriere della Sera del 23 novembre 2014 pubblicato a pag.9 del supplemento “La
Lettura” firmato da Elena Tebano.
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